La bellezza è nemica della guerra
Nel libro di Fabrizio Altieri una storia di amicizia, amore, musica e ResistenzaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Si può riuscire a tenere la guerra sullo sfondo quando si hanno sedici anni e la voglia di vivere, nonostante tutto, è immensa? È quello che riescono a fare a lungo Falco e Rivo: lasciano la guerra ai “grandi”. Più sensibile e introverso Falco, spiccio e concreto, affettuoso in modo ruvido Rivo, vanno per funghi tra i boschi dell’Appennino, pedalano lungo i sentieri in bicicletta, partecipano alle feste da ballo dove Falco suona la fisarmonica assieme al padre. Ma è difficile rimanere ai margini della guerra e basta poco per catapultare i due ragazzi nella realtà: quando un paracadutista inglese, gravemente ferito, consegna loro un messaggio per un certo Livio Boschi, anche i due giovani vengono catturati dal conflitto. Perché quel Livio Boschi, conosciuto col nome di battaglia di Gordon, è un importante capo partigiano. Bisogna allora raggiungere la base partigiana, sfuggire ai nazisti, diventare staffette. Perché ci sono una missione da compiere, un Quartier Generale da conquistare, e c’è perfino una cornamusa, che Falco vuole imparare a suonare. E poi c’è lei, Stella. Occhi marroni e capelli lunghi, orecchini piccoli, a forma di goccia. Stella, come il fiore della canzone che fa da colonna sonora al loro incontro. E costi quel che costi, Falco deve salvarla, dai bombardamenti e dalla guerra.
Tra finzione letteraria e accurate ricostruzioni storiche Fabrizio Altieri con Il Falco e la Stella (equiLibri, 2025, pp. 224) ci narra una storia di Resistenza, raccontata con delicatezza, esplorando le dinamiche complesse della lotta di Liberazione, le sfumature dell’amicizia e del coraggio, tra balli, canti, musica, imboscate, tradimenti e spari.
A Fabrizio Altieri abbiamo chiesto come è nata l’idea per questo libro:
«Il libro è nato da un’idea dei miei editori di EquiLibri, Gabriela Zucchini ed Eros Miari, che mi hanno chiesto se fossi disposto a scrivere un romanzo ambientato durante una battaglia partigiana svoltasi nel 1945 ad Albinea in provincia di Reggio Emilia la notte tra il 26 e il 27 marzo, quando le forze britanniche del SAS, lo Special Air Service, assieme ai partigiani del ‘Gufo Nero’ comandati da Glauco Monducci, detto Gordon, a uomini delle Brigate Garibaldi e a un distaccamento di partigiani russi, sferrarono un attacco a sorpresa contro il Quartier Generale del Comando tedesco in Italia. Ho accettato con gioia perché conosco la serietà di EquiLibri e la cura che mettono nei libri che pubblicano e ho trovato lo spunto della battaglia partigiana stimolante. Così mi sono procurato alcune fonti storiche scoprendo degli spunti narrativi molto originali e ho capito subito che ne poteva nascere una storia intrigante».
In che modo Falco e Rivo si confrontano con la realtà della guerra?
«Falco e Rivo sono toccati dalla guerra come tutti, ma mentre Rivo ne sfrutta le ombre per fare affari e non ha nessuna intenzione di mischiarsi nella lotta tra i partigiani e i fascisti, Falco si rende conto che non ci si può chiamare fuori da una lotta così decisiva per la libertà, così fa la sua scelta di campo e decide di aiutare i partigiani. Rivo all’inizio non lo segue, anche se gli sta vicino per la grande amicizia che lega i due, finché la realtà non lo colpisce direttamente e lo spinge ad unirsi a Falco».
Nel libro la musica svolge un ruolo fondamentale. Come mai questa scelta?
«La musica ha una parte fondamentale nel mio romanzo per due aspetti. Falco per lavoro suona la fisarmonica alle feste con suo padre e proprio grazie alla musica trova con Stella un punto di contatto che porta i due a innamorarsi. Stella è una ragazza di città, diversa dalle altre, che non ha assolutamente intenzione di assecondare la mentalità comune del tempo secondo cui la donna deve stare al suo posto e fare figli. Anche questa sua diversità colpisce al cuore Falco. L’altro aspetto è storico. Nel mio libro compare la figura di un soldato scozzese che suona la cornamusa e insegna a Falco a suonarla diventandone amico. Per questo personaggio mi sono ispirato a una persona reale, un soldato scozzese che durante la battaglia partigiana che fa da sfondo al romanzo suonò la sua cornamusa infondendo coraggio ai combattenti inglesi e partigiani. Infine, e forse questo è l’aspetto più importante, la musica nel libro rappresenta la bellezza e la mia convinzione è che se la bellezza nel mondo aumenta diminuisce in proporzione la voglia malsana di fare le guerre e di conseguenza la probabilità che esse scoppino».
Si parla molto dell’importanza di conservare la memoria, soprattutto a mano a mano che i testimoni diretti scompaiono. Bisogna però, non solo conservare, ma mantenere viva la memoria. Cosa può fare in questo senso ognuno di noi?
«La memoria riguarda l’umano e come tutte le cose umane può perdersi, scomparire. Occorre certo che la memoria di ciò che è accaduto sopravviva, passando attraverso il racconto di chi ha vissuto quei tempi, come testimonianza. Ma non basta, ci vuole un passo in più. È necessario che la memoria si sviluppi, cresca grazie alle storie che anche chi non ha vissuto quei tempi scriverà per ricordarli. Quello che ho scritto nelle note finali del mio romanzo è un’esortazione ai ragazzi che lo leggeranno: siate voi memoria, perché la memoria per non perdersi deve muoversi attraverso il tempo e lo spazio. Siate voi le gambe su cui essa potrà continuare a camminare per non scomparire in un passato lontano e sentito come estraneo».