Erano le foglie d'oro, quelle che avrebbero aiutato il riscatto delle produzioni e della agricoltura sarda nei primi decenni del secolo scorso, almeno secondo i progetti iniziali di politici, amministratori e religiosi.

C'è una storia meno conosciuta ma non per questo diversamente interessante e avventurosa che riguarda la mitica età del tabacco in Sardegna. Una vera e propria epopea che in qualche modo mette su uno stesso asse Arborea, la Nurra e l'Ogliastra. Con richiami, più recenti, anche nel Campidano e nella Gallura.

A dire il vero le prime sperimentazioni moderne di coltivazione si ebbero in Ogliastra. Siamo nei primi anni Venti quando lungo la strada di collegamento tra Tortolì e Arbatax venne costruito il magazzino di lavorazione del raccolto. Per vedere le colture innovative ad Arborea e nel Sassarese, invece, bisognerà aspettare una quarantina di anni da quell'esperienza ogliastrina. Quasi in contemporanea con Fertilia e diverse altre zone del Sassarese, il tabacco venne sperimentato e avviato nel vasto compendio agrario del Terralbese, ad Arborea.

Giovanni Murru, attento studioso, ricercatore e giornalista, ha ricostruito le tappe fondamentali di questa avvincente epopea focalizzando le attenzioni in particolare sul processo produttivo nel Terralbese, dalla sua nascita sino al raggiungimento di produzioni condotte con programmi industriali di grande valore. Una scelta quella del tabacco anche nell'agro di Arborea che nacque appunto alla fine degli anni Cinquanta nell'ambito della Riforma agraria guidata dall'Etfas su input dell'allora ministro all'Agricoltura, Antonio Segni. Un grande progetto che prevedeva naturalmente anche l'arrivo nell'Isola di tecnici ed esperti provenienti da altre regioni.

Giovanni Murru, che ha curato lo studio (pubblicato nel 2001) "L'Identità storica di Arborea" dove sono raccolti gli atti dei convegni fatti dal 1997 al 2001, ricorda che . All'emergenza occupazione si unì dunque . Il primo imprenditore ogliastrino che puntò sul tabacco fu Salvatore Orrù, di Lanusei. Qui si coltivarono due tipologie di tabacco: l'Erzegovina definita da "condimento", molto adatta nelle miscele proprio per le sue qualità aromatiche e l'alta capacità di combustione. E la qualità Perustizia, utilizzato in gran parte, come tabacco da fiuto, in quel periodo particolarmente richiesto. Infine il Samsun, di origine orientale, tra le ultime qualità prodotte a Tortolì.

Verso la fine degli anni Cinquanta parte la sperimentazione nel Sassarese, precisamente a Fertilia, e qualche tempo dopo nell'agro di Arborea. Remigi Brizi e Dante Santarelli, arrivarono nell'Isola dall'Umbria, dove dai primi anni Cinquanta erano impiegati come tecnici in aziende agroindustriali simile a quella che sarebbe poi nata anche ad Arborea.

, spiega Murru. . Venne costruito un grande tabacchificio, oggi ormai inglobato nel centro abitato, in quegli anni nella periferia del paese.

.

Le testimonianze dei due tecnici raccolte da Murru danno un quadro perfetto di quella pionieristica realtà produttiva, trapiantata nell'Isola e ad Arborea. . Un processo produttivo rigorosamente controllato: .

Remigio Brizi, nel lavoro realizzato da Murru, spiega che arrivò nell'Isola il 23 gennaio del 1959. Queste le sue parole: .

L'esperimento fu un successo. . Al termine del ciclo triennale, da Roma arrivò il via libera: . Santarelli nella ricostruzione raccolta da Murru ricorda che tra le ipotesi prospettate, c'era quella del tabacco, anche nelle terre intorno a Sorso, Castelsardo. Aree che da tempo erano state occupate da due tipi di coltura: . Tra il 1959 ed il 1960, si legge nel lavoro di Murru - a Fertilia era impegnata una decina di persone addette alla piantagione, all'assistenza, alla cura della crescita delle piante. Per la raccolta che iniziava a giugno si poteva arrivare a trenta addetti. L'essiccazione delle foglie poteva avvenire all'aperto, come ad Alghero o all'interno di un magazzino come ad Arborea. Tutta questa fase si ultimava in una quarantina di giorni. Le foglie - spiega Remigio Brizi - una volta essiccate venivano disposte una sopra l'altra con i piccioli all'esterno pronte per essere pressate e sistemate in modo regolare. La balla veniva avvolta da teli e poi immagazzinata in locali arieggiati e bui>. Giovanni Murru ricorda anche le stime riportate dalla testimonianza di Dante Santarelli: . La fase successiva quella che stabiliva la qualità dell'annata, dell'essiccazione e dell'imballaggio era quella più affascinante e gratificante per dirla con le parole di Santarelli. La manodopera per la lavorazione del tabacco era essenzialmente femminile. Ad Arborea erano impiegati anche 50 operai che durante l'estate diventavano 400. . Le presse si riaprivano poi per catalogare le foglie in base alla qualità. E non mancò neppure la sperimentazione del tabacco da sigaro, il tipo Kent.

Il 1963 fu un anno nero. Nell'Isola arrivò la peronospora e per le piantagioni del tabacco fu un disastro. , ricorda Brizi. . Queste le stime: .

Murru ricorda che oggi abbiamo una sensibilità e un approccio diversi nei confronti del fumo. . Furono fatte altre scelte, il valore della terra venne indirizzato esclusivamente al settore agrozootecnico. Latte, bestiame e prodotti dell'orto. Oggi non è importante sapere se fu un'occasione persa o meno. Ciò che non deve perdersi è la memoria di quegli anni.
© Riproduzione riservata