Sull'artigianato sardo ne ha dette di tutti i colori ma alla fine è riuscito a gettare la basi per una mostra che ha meritato la Medaglia d'Oro dell'XI edizione della Triennale di Milano.

Siamo negli anni Cinquanta: 28 settembre 1957. C'è un padiglione nuovo nel Parco Sempione, dove verrà ospitata la Sardegna, con tanto di Cavalcata sarda annessa. Ma dietro a quell'evento c'è un lavoro di mesi portato avanti da Italo Zetti, collaboratore della Tiennale, dal 55 al 73, sia nel suo ruolo di componente del Centro studi che di grafico editoriale che di curatore di diverse mostre legate alle arti decorative e alla ceramica in particolare. Per capire lo stato dell'arte della produzione sarda, Zetti, nel 1956, fa un viaggio nell'Isola dal quale emerge un puntuale spaccato della situazione dell'artigianato sardo racchiuso in una relazione dai toni molto duri, rimasta per anni tra i documenti della Fondazione Zetti e oggi parte di un saggio di Anty Pansera, storico e critico del design, e studiosa della Triennale di Milano.

"In Sardegna - dice Zetti - artigiani e artisti non hanno ancora risolto il problema di una produzione moderna, sono ancora legati alla tradizione, il più spesso nel modo peggiore". Artigianato ceramico "scadente", modesta produttività di manufatti in legno "non eccelsa" e ancora "meno interessante" il settore del metallo. Italo Zetti, classe 1913, fiorentino, xilografo, pittore, grafico , illustratore e grande cultore delle arti applicate si è formato all'istituto d'arte di Firenze, all'epoca rinomatissimo. Allievo del grande maestro incisore Pietro Parigi, frequenta circoli artistici cittadini dove conosce Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo e si avvicina ai Futuristi. In seguito si trasferisce a Milano dove lavora per diverse case editrici come grafico esperto dell'estetica del libro e di xilografia. Saranno i suoi ex libris a portarlo all'incontro con Ivan Matteo Lombardo, presidente della Triennale di Milano dal 1949 al 1961, "ed è proprio lui - racconta Pansera- che introduce Zetti come uomo di fiducia nell'ente, perché egli fosse punto di riferimento per tutto ciò che riguarda l'artigianato artistico e buon mediatore tra la Cna (della quale sempre Lombardo era presidente) e lo storico Enapi". Negli anni cinquanta Italo Zetti cura i quaderni del centro studi della Triennale ed è proprio di questo periodo la sua indagine sull'artigianato sardo che scaturisce dalla relazione datata 30 agosto 1956.

Un viaggio in avanscoperta per invitare la Sardegna ad esporre i propri manufatti in una mostra temporanea in un padiglione del parco in occasione dell'XI Triennale. Nel corso del suo viaggio Zetti avrebbe incontrato il delegato Enapi, l'architetto Ubaldo Badas, (tra i principali promotori dell Isola) e i funzionari dell'Assessorato al Lavoro della Regione. "La sua relazione - spiega Anty Pansera - è corredata da schede e foto che documentavano lo stato dell'arte dal patrimonio tessile storico del Museo Sanna di Sassari, ma anche produzioni di gusto più moderno, oggetti che allora erano prodotti a titolo sperimentale". In Sardegna Zetti cerca materiale da portare alla Triennale ma viene a contatto con una "discutibile realtà" e siccome partecipare alla Triennale "è un premio" sostiene Zetti, "che venga la Sardegna alla Triennale, col suo artigianato o arte popolare, ma che sia del migliore".

Dal suo report emerge subito l'impossibilità di avere una visione completa della produzione sarda, la grande estensione della produzione di tappeti e oggetti di paglia e la constatazione di come siano principalmente le donne a lavorare. Nel corso del suo viaggio Zetti trova solo "forme ibridamente tradizionali, scadute, involgarite che non possono essere all'altezza degli antichi modelli né possono dirsi un interpretazione moderna di forme antiche". E continua: "Solo la nostra superficiale conoscenza dell'antica arte popolare sarda può indurci ad apprezzare molta di questa cosiddetta arte popolare del giorno d'oggi e a crederla di pari valore estetico".

Zetti constata inoltre la "pressoché totale ignoranza o incomprensione di quelle correnti moderne che nel campo dell'artigianato hanno dato ottimi frutti e denuncia la debolezza creativa degli artisti e delle menti che dirigono gli artigiani sia perché da un lato hanno un malinteso amore per la tradizione e dall'altro volendo entrare in vie nuove, si rifanno a esempi ormai superati da decenni. Non si vede perché - si chiede Zetti - non si sia tentato di educare il gusto dell'artigianato su buoni esempi di arte moderna e non su quella più deteriore".

I suoi strali si accentrarono soprattutto sulla produzione di tappeti in paglia e del filet "dove non solo si riscontra la semplificazione /deformazione di disegni antichi - nota Zetti - ma dove il rinnovamento passa dalla copiatura di modelli dalle riviste femminili Mani di fata".

Dà comunque merito a Badas, al sassarese Eugenio Tavolara e all'architetto Giovanni Andrea Cannas di Tempio, la possibilità di trovare alcuni rari esempi di tappeto e di cestino moderni ma allo stesso tempo li definisce "pur essendo capaci in certi settori, dal punto di vista del gusto troppo vecchi per creare disegni davvero attuali".

Neppure la ceramica lo entusiasma: la valuta "scaduta". E continua: "Si producono solo oggetti funzionali e di scarso interesse perché assai affini alle ceramiche utilitarie di tutta l'italia Meridionale. Sparite sono dalle botteghe oristanesi le gustose anfore complicate da motivi barocchi e settecenteschi che fino al secolo scorso venivano eseguite dai figuli quale prova di esame per entrare nelle corporazione -dice - sparite le bottiglie di acqua calda e le fiasche zoomorfe e antropomorfe". Riconosce il valore dell'Istituto d'Arte di Oristano, dove, sottolinea, insegna Antonio Corriga e cita la presenza di pezzi interessanti a Dorgali da Simone Lai. Discutibile l'apprezzamento di Zetti "sulle riproduzioni che vi si realizzano delle ceramiche di Salvatore Fancello, straordinario artista, figura di supermercato e internazionalizzazione anche della ceramica locale (scomparso prematuramente), un tempo socio della Lai Ceramiche".

Non ha parole tenere neppure per l'arte del legno: decaduta la florida tradizione dell'intaglio - dice - del sughero apprezza alcuni oggetti come i "luppi" di Tempio , mestoli in legno e sughero "per la loro forma semplicissima e razionale, alla pari di un qualsiasi nostro oggetto di design".

Di scarsissimo valore valuta la produzione in metallo ma ottima la preparazione degli artigiani e aggiunge "non escludo che se a questi artigiani venissero affidati nuovi disegni essi abbiano la capacità di realizzarli".

Anche se ritiene pressoché scomparsa l'oreficeria tradizionale, suscita il suo interesse l'iniziativa del direttore dell'Istituto d'arte di Sassari, Filippo Figari, di aver dato vita nel '51, insieme alla pittrice Verdina Pensé, ad "una scuola del corallo appoggiata dalla Regione e con piena ragione di esistere visto che il mare di Alghero è particolarmente ricco di coralli". Alla fine, per la mostra annessa all'XI Triennale punta su alcuni singoli artigiani artisti: tra loro Giovanni Andrea Cannas, Verdina Pensè il sassarese Pasquale Tilocca per il legno (esecutore dei progetti di Tavolara), e i ceramisti Claudio Pulli e Tutina Careddu di Sant'Antonio di Calangianus. E conclude: "Prima che gli artigiani finiscano di corrompersi avvicinandosi ai peggiori esempi di opere moderne tipo Mani di fata e mobili canturini è meglio intervenire con direttive sinceramente moderne".

Alla mostra della Triennale del 57 sarà assegnata comunque una prestigiosa Medaglia d'oro: all'inaugurazione il 28 settembre, parteciparono 50 cavalieri sardi che sfilarono al passo davanti al Castello Sforzesco.

Il volume: "Italo Zetti oltre la xilografia" è pubblicato dalla Fondazione Zetti.
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