Come in una fiaba tutto ebbe inizio con una bambina a cui capitava una cosa strana. La sua immaginazione la risucchiava e lei si poteva immergere nel fiume, nuotare sott’acqua insieme ai pesci, fare un salto dentro la Via Lattea. Oppure si librava a mezz’aria quando avvertiva uno stupore intenso, un senso di connessione con la natura, un’emozione che la colpiva come una rivelazione, trasportandola altrove, nel silenzio. Era come se suoni e voci la chiamassero e lei si faceva portare lontano e sempre più distante. Come quel giorno a scuola in cui non riusciva più a scendere. Ma per la prima volta gli altri se ne accorsero. Allora la maestra salì su una sedia e, allungando il braccio, le tese una matita a cui aggrapparsi. Alla bambina capitò ancora di staccare i piedi da terra. Per non lasciarsi trascinare, tenne sempre in tasca la matita e, invece di volare via, fece un atto che le cambiò la vita, per sempre: si mise a scrivere. Così poté continuare a librarsi, ma senza perdere contatto con il mondo e con gli altri.

Racconto autobiografico e fiaba universale sull’importanza per ogni bambino di riconoscere cosa lo fa sognare, “E invece di volare via” (Edizioni Corsare, 2022, pp. 32) riunisce il talento di scrittrice di Silvia Vecchini e l’estro dell’illustratrice Beatrice Bandiera per dare vita a una sinfonia di parole e disegni che evocano la sintonia profonda con la natura, l’effetto benefico del silenzio e il viaggio verso altri mondi che la poesia, e l’arte in generale, sanno ispirare.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

A Silvia Vecchini chiediamo da dove è scaturita l'esigenza di un racconto che prende spunto dalla sua vicenda biografica?
«Dalla gratitudine per l'incontro fortunato che ho avuto con le parole grazie a una maestra tanto amata, Lucia. È stata lei ad aprire per me la porta della poesia e della scrittura come mezzo per esprimermi, raccontare, inventare, creare. Qualcosa di cui avevo molto bisogno e che mi è arrivato come un dono dalle sue mani. Questa insegnante amorevole, esigente, totalmente attenta e presente, con una grande passione per la profondità e la ricchezza delle parole, me ne ha consegnata una magica. Un incoraggiamento a cercare nella direzione della poesia, una via sentita spesso come marginale, secondaria, se non accessoria. Mentre per temperamento e sensibilità la poesia era per me quello che già incontravo nelle cose, una realtà vitale, piena di senso, mai spiegabile fino in fondo. Una presenza. Sentire questo riconoscimento è stato importantissimo».

Cosa ha rappresentato per lei la scrittura? E cosa rappresenta oggi?
«Il desiderio di esprimermi attraverso la scrittura, in particolare in versi, è nato molto presto e con grande chiarezza. Non avevo modelli e neppure un accesso ai libri particolarmente facile ma avvertivo la forza e la bellezza delle parole. Sentivo che corrispondevano a cose visibili e invisibili che in questo modo potevano essere nominate, esplorate, conosciute più in profondità, condivise. La scrittura è stata una chiave importante per conoscere me stessa, orientarmi ma anche andare verso gli altri e il mondo. La scrittura aveva in sé due tempi preziosissimi, il raccoglimento e l'apertura, legati l'uno all'altro come tempi di uno stesso respiro. Da bambina e da ragazza la scrittura è stata un modo per cercare il mio posto, capire, conoscere meglio. Continua a essere così. Da anni però questa ricerca desidero farla accanto alle bambine e ai bambini, alle ragazze e ai ragazzi. Mi piace trovare un punto di contatto tra me e loro e provare a raccontare il mistero che siamo».

Perché le insegnanti e gli insegnanti hanno un ruolo tanto prezioso?

«Chi insegna ha il privilegio di passare molto tempo insieme ai bambini e alle bambine, di poter ascoltare i loro pensieri e le loro domande nel momento in cui nascono, di raccogliere confidenze, paure, entusiasmi, di aprire la loro conoscenza verso scoperte nuove, esperienze, incontri. È tantissimo! Questo onore porta in sé anche una grande responsabilità. Tutti noi ricordiamo almeno un insegnante che ha lasciato un segno positivo, incoraggiante, a volte determinante nella nostra vita. Direi che, al di là dei propri risultati e dell'avventura scolastica, l'insegnante che ricordiamo è l'insegnante che ci ha visti, quella persona che ha capito qualcosa di noi forse ancora prima di noi. Non necessariamente vuol dire da parte loro riconoscere un talento, qualcosa da etichettare subito. È la capacità di fare attenzione verso quello che siamo. È questa postura che consegna ‘la parola magica’, cioè rende possibile un incontro, una conoscenza, un'opportunità di crescita e cambiamento. Inutile sottolineare che qualche volta accade il contrario. E dunque ancora più importante riconoscere chi riesce a lasciare una buona traccia, a fare bene nell'insegnamento, uno dei mestieri più complessi e sfidanti».

Cosa hanno aggiunto alle sue parole le illustrazioni di Beatrice Bandiera?
«Beatrice ha interpretato questa storia dando a mio avviso un grande risalto al mistero di questi momenti di contemplazione e conoscenza che la protagonista vive. Tante prime volte di stupore, in ascolto di qualcosa che, nascosto nella vita di tutti i giorni, vibra e richiama la sua attenzione. Il verde profondo degli alberi, l'arancio e il giallo, il blu della notte, il rosa pieno sembrano segnalare in questi momenti qualcosa di denso, di una realtà che si avvicina, si lascia conoscere».

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