Portare fiori alla padrona casa in occasione di un invito a cena? «Sbagliato». Gomiti sul tavolo? «Mai». Aprire lo sportello dell’auto a una donna? «Dipende».

Sono alcuni dei suggerimenti che l’Accademia Italiana di Buone Maniere, Galateo e Costume, prima e unica scuola nel nostro Paese, ricorda in occasione del suo decimo compleanno. Dietro il motto “Conosci le regole per divertirti a infrangerle”, l’Accademia, fondata a Roma, sottolinea come nel tempo le norme dell’educazione siano cambiate: «Non sono più rigide ma rappresentano una sorta di grammatica sociale, esperienze per stare bene insieme», spiega a L’Unione Sarda il suo presidente, Samuele Briatore.

40 anni, piemontese, conosce bene anche la realtà sarda perché nella zona sud dell’Isola tiene di frequente eventi di formazione ai dipendenti delle strutture alberghiere. In questo ambito, uno degli errori che si commettono più di frequente è quello di dare del “tu” ai lavoratori (cameriere, personale di sala e di servizio in genere): «È un modo un po’ ruvido di rivolgersi all’altro, sempre meglio preferire il “lei”, ma ci sono altre buone norme di educazione che i sardi hanno ereditato dal passato e sulle quali il galateo esprime sempre una grande tutela, in particolare per quanto riguarda le tradizioni».

Quali sono le regole cambiate in misura maggiore rispetto al passato?

«Ormai sono obsolete quelle secondo cui la donna da marito non possa prendere posizione in una discussione, o quel manierismo di sbucciare la frutta con coltello e forchetta, o ancora quella per cui l’uomo debba sempre pagare al ristorante».

Quale invece è stata accantonata ma dovrebbe essere riproposta?

«Il “lei” è qualcosa che dà molte opportunità. Pensiamo ad esempio ai nostri anziani, è poco educato dare del “tu”, soprattutto quando non è richiesto. Molti di quelli ricoverati nelle Rsa o simili perdono già la loro dignità perché devono essere accuditi in ogni aspetto, anche strettamente personale, dare del “tu” significa togliere loro la libertà dell’anzianità e appunto la dignità».

I giovani sono più o meno educati degli adulti?

«I ragazzi sono più educati di noi, uomini e donne nati negli anni ‘70-’80. Abbiamo retaggi del passato in stile classista, siamo cresciuti col mito del self-man, del soldo. Quando tengo eventi nelle scuole, gli studenti mi confermano che hanno ormai scardinato il binomio uomo-donna, hanno passato la fase di utilizzare parole per identificare qualcuno sulla base delle caratteristiche fisiche, c’è molta attenzione per i fenomeni del bullismo e del bodyshaming. Ovviamente manca loro l’esperienza dell’etichetta vera e propria, quindi come comportarsi in certe situazioni».

Galateo, uno sconosciuto ai più?

«Sono molto positivo, ho visto un’evoluzione nella storia italiana, prima a frequentare i nostri corsi erano le “sciure” di Milano col pellicciotto che volevano sapere se fosse meglio la porcellana francese o i servizi di Richard Ginori, oggi vengono professionisti, studenti, avvocati che vogliono migliorare la loro capacità di stare con gli altri, imparare a mediare un conflitto, o come comportarsi con un cinese o in luoghi di vacanza all’estero».

Esistono classifiche con i più educati e i meno educati in Italia e all’estero?

«Non proprio ma posso dire che a livello italiano Napoli e Torino sono le due sorelle: hanno una formalità enorme perché sono le città che hanno avuto a che fare per maggior tempo con l’aristocrazia. E ancora oggi conservano lo spirito dell’etichetta. In rapporto ad altri Stati l’italiano, per quanto possa essere “caciarone”, o parli a voce alta e possa risultare ruvido, è in realtà quello che sa mettere le persone a proprio agio, in qualunque circostanza ti inserisce nell’ambiente, questo vuol dire che ha delle doti: educazione, gentilezza ed empatia».

Veniamo ai casi pratici: chi entra per primo in un locale? L’uomo o la donna?

«Dipende: non è più così netto questo modo di fare. La teoria vuole che in un locale chiuso entri prima l’uomo per verificare che all’interno vada tutto bene. Ora non è più così, entra prima chi invita. Una volta la donna era subordinata all’uomo, ai giorni nostri ad esempio può essere un direttore d’azienda ed è lei che fa accomodare il suo dipendente».

Chi esce per primo?

«Anche qui: se si tiene la porta a chi segue, esce per primo l’ospite. Poi ci sono da considerare vari fattori, se piove esce prima l’uomo perché magari apre l’ombrello per chi è con lui».

Portiera dell’auto aperta alla donna, sì o no?

«Era una regola valida quando era solo l’uomo a guidare, oggi la donna accompagna l’uomo di frequente. Quindi non c’è più una visione netta di distinzione. Altro discorso è il corteggiamento: chiaro che dobbiamo sempre tenere presente chi abbiamo davanti. Non è il caso di aprire lo sportello a una signora che sappiamo essere una convinta femminista, per fare un esempio».

Gomiti sul tavolo?

«Mai, e le mani sempre in vista. Questo in Italia: il galateo inglese vuole invece che se non usiamo la mano sinistra possiamo posizionarla su una gamba, l’altra resta poggiata sul tavolo all’altezza del polso, aperta e mai col pugno, rilassata».

Telefonino?

«Assolutamente non sulla tavola e nemmeno da usare per fotografare le vivande. Questa mania per cui il cibo debba essere mostrato e ritratto è fuori luogo. Se sono a cena con una persona mi interessa stare con lei, ben poco mi dovrebbe importare di quello che mi mettono nel piatto».

Posate: qual è la regola per l’ordine da seguire?

«Si comincia sempre dall’esterno verso l’interno».

E i bicchieri?

«Per l’apparecchiatura classica – quindi con entrambi i bicchieri di acqua e vino a calice – quello sulla punta del coltello è da vino, l’altro è per l’acqua. Nello stile moderno c’è il tumbler, senza stelo: quello è per l’acqua».

E chi non sa come procedere?

«Guardi il padrone o la padrona di casa».

Come si serve il vino?

«Si dovrebbe servire con la mano destra versando alla nostra sinistra».

Quando ci si alza da tavola?

«Quando si alza il protagonista dell’evento, cena o pranzo che sia, o il padrone o padrona di casa».

Cosa non fare assolutamente se si è ospiti a casa di qualcuno.

«Non toccare la mobilia. E nemmeno gli animali domestici, prima bisogna chiedere sempre se si può accarezzare il gatto o il cane».  

Cosa portare in dono?

«Se è un invito formale niente, si farà avere il giorno dopo o il giorno prima un mazzo di fiori con un biglietto, se informale vanno bene un prosecco o dei piccoli dolci da condividere al momento del caffè. Non il vino, per non mettere in difficoltà chi ci ospita, che sicuramente ha pensato a tutto, e nemmeno una torta».

Tema fiori: c’è un bon ton?

«Ci sono fiori più o meno adatti alle circostanze: in genere no a quelli molto simbolici come i garofani o le rose rosse. Affidiamoci a mazzi multicolore o ancora meglio a una pianta in vaso, più ecosostenibile anche».

Il galateo sui social, come ci comporta?

«Partiamo dalle richieste di amicizia: in genere è meglio dire “Se vuoi aggiungimi su Facebook e ci sentiamo lì”, significa “ti lascio libero di decidere se farlo o meno”. Oppure un messaggio privato spiegando chi siamo e dove ci siamo conosciuti, lasciando sempre la libertà all’altro di decidere cosa fare».

Spostandoci sulle usanze in Sardegna, chi paga al ristorante?

«Chi formalizza l’invito. Se si tratta di più amici che organizzano una cena si fa “alla romana”, o si divide il conto in modo che ognuno possa offrire una parte».

I sardi, notoriamente molto ospitali, non consentono a chi arriva da fuori di pagare neanche un “giro” di consumazioni al bar. Come comportarsi per sdebitarsi?

«È un'usanza diffusa in molte zone d’Italia e molto territoriale. La tradizione comunque vince, l’ospite si sdebiterà in un secondo momento, magari con un regalo o un omaggio. Un po’ come a tavola è bandito il “buon appetito”, ma se il padrone di casa lo dice non possiamo non rispondere».

In molti paesi c’è l’usanza di dare del voi agli anziani, è buona educazione ?

«Si tratta di un retaggio, era usato come un registro medio-formale, anche se molti pensano sia più del “lei”. Storicamente invece, per fare un esempio del sud Italia, al medico si dava del “lei”, al padre e alla madre del “voi”, quindi un contesto più familiare».

Mangiare il maialetto con le posate è impossibile, che alternativa c’è?

«Come tutte le preparazioni locali, si applica la tradizione: lo si mangia con le mani così come il fritto misto dello street food, l’arancino siciliano o il pane».

E i ricci?

«Si raccoglie la polpa e la si porta alla bocca con una piccola posata. Ciò che conta è non fare il cosiddetto “rumore da risucchio”».

In spiaggia come affrontare un maleducato che parla al telefono in vivavoce?

«L’inquinamento acustico è uno dei problemi più frequenti. Dato che non siamo responsabili dei comportamenti altrui, meglio non additare la persona come “maleducata”, ma parlare di se stessi. Ad esempio spiegando: “Non sai quanto mi dia fastidio questo rumore, questa è la mia unica vacanza dell’anno, vorrei rilassarmi un po”».

Ai matrimoni fino a che grado di parentela arrivare per gli inviti?

«Non c’è una regola, anche in questo campo la tradizione vince. Il galateo tutelerà sempre l’usanza locale».

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