Pietro Soddu, “Pietrino” per gli amici, è stato uno dei “Giovani turchi”, il movimento che nel 1956 impresse una svolta nella politica della Democrazia cristiana. Come compagni di viaggio aveva Francesco Cossiga, Beppe Pisanu, Paolo Dettori e Nino Giagu De Martini, in una Sassari che all’epoca sfornava Presidenti della Repubblica e grandi uomini politici.

Quando parliamo di Soddu (Benetutti, classe 1929), parliamo di un uomo politico di grande spessore, sindaco del suo paese, presidente della Regione, parlamentare.

Uomo acuto, di cultura, lucido nel ragionamento sui temi di allora e di adesso e anche scrittore. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie, racconti e un curioso libro (A Bonas o a Malas, La romanizzazione della Sardegna, Edes, 432 pagg., 20 euro), che costituisce la quinta parte di un poema che Soddu ha definito “Sardeide”. In pratica, Soddu ha voluto rievocare la storia della Sardegna dalle prime civiltà alle soglie dell’Ottocento.

Ma qual è l’obiettivo di Soddu? Capire, in sostanza, se si possa parlare di Nazione sarda. L’autore quindi va alla ricerca di un filo rosso capace di collegare le vicende storiche della nostra isola. Soddu, leader politico autonomistico, non ha dubbi, come ammette egli stesso nell’introduzione al volume: «È il tentativo, forse troppo ambizioso, di raccontare la lunga storia della Nazione sarda».

A Bonas o a Malas” non è un testo scientifico né una romanzo storico, ma il frutto «di una reazione impulsiva», dell’idea di ripercorrere il periodo della dominazione romana che ha lasciato profonde ferite e «fatto sopravvivere», dice Soddu, «fino ai nostri giorni l’amaro sentimento di un’ingiusta sopraffazione che ha oscurato la nostra identità e limitato la nostra libertà».

Il libro è un misto di cori, dialoghi, riflessioni e giudizi di persone in parte reali in parte frutto della fantasia di Soddu. Ne viene fuori un testo gradevolissimo (con un’interessante appendice), capace di pungolare l’interesse del lettore, fornendo al tempo stesso una miriade di nozioni e spunti di riflessione.

Su tutto incombe, maestosa e struggente, l’immagine della Sardegna, terra bella e maledetta.

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