Certo, neanche la più fervida fantasia di uno scrittore di fantascienza avrebbe immaginato una pandemia con un virus che quando ti sembra di averlo messo all’angolo muta il suo genoma e ricomincia ad infettare e diffondersi. D’altro canto le nostre società non erano culturalmente pronte a simili evenienze. Eravamo fermi all’ultima pandemia di influenza asiatica degli anni 60 che causò 2 milioni di morti, 30 mila dei quali solo in Italia. Questa è la pandemia della globalizzazione che si diffonde al ritmo dei nostri spostamenti e dei nostri bisogni.

Onestamente, nessuno di noi si aspettava una pandemia che ci avrebbe costretto a cambiare molte cose delle nostre vite. Bisogna farsene una ragione e non recriminare per il tempo “perduto”, ma capire che le nostre vite debbono proseguire all’interno delle difficoltà che non mancheranno mai.

Al momento abbiamo messo in disparte il tema molto più importante dei cambiamenti climatici. La pandemia colpisce prevalentemente le nostre vite, le persone e successivamente l’economia, il tenore di vita, le nostre libertà. I cambiamenti climatici interessano inizialmente le cose, l’ambiente, ma solo progressivamente le nostre vite.

È evidente che questi ultimi sono tremendamente più importanti e ad essi dobbiamo prestare attenzione e impegno. Tutti noi che abbiamo uno smartphone abbiamo accesso a dati forniti dall’European Air Quality Index. Li troviamo nell’app Meteo. Per ogni località vengono forniti i dati con una scala cromatica che parte dall’azzurro e a seguire verde, giallo, rosso e viola. A questi dati cromatici che indicano la qualità dell’aria seguono le informazioni sulla salute, il rischio per l’attività fisica all’aperto e le cause del rischio: i particolati PM2,5, l’ozono per il traffico e l’uso di combustibili fossili.

I dati sono sotto i nostri occhi se vogliamo dargli il peso che necessitano. Il risvolto è la nostra salute. Gli studi dell’Unione europea parlano di almeno 307 mila morti premature per la bassa qualità dell’aria. In Italia le vittime sarebbero 64 mila (dati 2019).

Ma ci sono ancora altre importanti malattie infettive che noi non vediamo più perché disponiamo di cure adeguate. Ma non possiamo ignorarle perché sono il segno delle disparità che avvengono sul nostro pianeta. L’organizzazione mondiale della sanità calcola che ogni anno si verificano 10 milioni di casi di tubercolosi con 2 milioni di morti.

L’associazione “46esimo parallelo” ha pubblicato di recente l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo. Ha individuato 34 situazioni belliche. Quindici conflitti interessano i Paesi africani, otto gli asiatici e quattro quelli europei. Questi conflitti hanno evidenziato la fragilità ulteriore dei loro sistemi sanitari e delle disuguaglianze. Ma anche che siamo una sola comunità ed abbiamo una casa comune, la nostra terra.

Vorrei fare alcune considerazioni sui virus per i quali nel corso di laurea provai grande interesse. Per dire che sono così semplici che per vivere e moltiplicarsi hanno bisogno di infettare una cellula e usare il suo genoma. La difficoltà che abbiamo è capire come si possa battere il virus impedendogli di entrare nelle cellule. Si sa che la proteina Spike del virus ha una carica elettrica positiva che viene usata come chiave per entrare nelle cellule. Sarà questa la strada per sconfiggere i virus?

Antonio Barracca

Medico

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