Il 2024 è annata di anniversari mediatici nostrani. La televisione italiana fa settant’anni di vita, dato che le prime trasmissioni regolari della Rai risalgono al 1954. Le trasmissioni radiofoniche invece compiono giusto un secolo dato che nel 1924 sorse l’Uri, Unione radiofonica italiana. Cent’anni fa la radio era però ancora un privilegio per pochi dato che nella seconda metà degli anni Venti del Novecento non vi erano sul territorio nazionale che poco più di 40 mila utenti mentre le poche emittenti esistenti trasmettevano pochissime ore al giorno. Lo sviluppo di nuove emittenti e la diffusione degli apparecchi radiofonici richiese un intervento diretto del regime fascista, che vide nella radio un utile strumento di propaganda. Così nel 1927 venne fondata l’Eiar, Ente italiano audizioni radiofoniche (l’antenata delle Rai), un organismo statale che aveva l’obbiettivo di rendere le trasmissioni radiofoniche popolari. Inoltre, il regime varò alcuni progetti per diffondere gli apparecchi radiofonici. Il progetto “Radio rurale”, inaugurato nel 1931, mirava per esempio a diffondere la radio fuori dagli ambienti urbani fornendo ai contadini migliaia di apparecchi radiofonici. Nelle città era invece diffusa la “Radio Balilla”, un apparecchio radiofonico realizzato dalle migliori aziende. Era una radio semplice, poco costosa (e pagabile a rate), e non era in grado di ricevere dall’estero, così si evitavano interferenze con le politiche fasciste.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

L’aumento del numero di apparecchi fu affiancato anche da una programmazione più ricca, rivolta a un pubblico vario e socialmente differenziato. Nel 1929 furono trasmessi i primi sceneggiati radiofonici e l’anno successivo iniziò il primo giornale radio, il “Giornale parlato”: la propaganda fascista faceva così il suo ingresso sulle frequenze italiane, che prevedevano però anche rubriche giornalistiche e servizi sui principali eventi sportivi (come il Giro d’Italia e il campionato di calcio). Nel 1933 venne inaugurata “Cronache del regime”, una trasmissione dedicata al racconto delle imprese fasciste e delle conquiste del regime.

Soprattutto, come raccontano Franco Zanetti e Federico Pistone nel loro “Eiar Eiar Alalà” (Baldini+Castoldi, 2024, pp. 368) con la nascita dell’ente radiofonico di Stato le italiane e gli italiani scoprirono la radio come mezzo di intrattenimento. Radiodrammi, farse, trasmissioni leggere e, soprattutto canzonette invasero l’etere. Non a caso la produzione di canzoni dei primi due decenni – 1924/1944 – di vita della radiofonia nazionale fu abbondante e, spesso, qualitativamente pregevole. Una produzione purtroppo spesso dimenticata, perché tacciata, in maniera troppo generica, di essere strumento di distrazione di massa nelle mani del regime fascista. Non a caso gli antifascisti chiamavano l’emittente di Stato, rea di sudditanza al fascismo, “Eiar Eiar Alalà” storpiando così il motto “Eia Eia Alalà”, coniato da Gabriele D’Annunzio già durante la Grande Guerra per sostituire il “barbarico hip hip urrà”, e in seguito entusiasticamente adottato dal regime.

Zanetti e Pistone ci ricordano però che gli apparecchi radiofonici dell’epoca, accanto a canzoni oggi improponibili come “L’ha detto Mussolini” oppure “Ho scritto ar Duce”, trasmettevano capolavori indimenticabili e indimenticati. Qualche titolo? “Mille lire al mese”, “Lili Marleen”, “Parlami d’amore Mariù”, “Mamma” e molte altre ancora. Nelle pagine del libro sono presentate, infatti, 130 fra le canzoni che hanno accompagnato, attraverso la radio e i dischi, la vita degli italiani di quegli anni, raccontandone la quotidianità, i sogni, i desideri, le paure e le passioni. Ogni brano è accompagnato da una scheda che presenta gli autori e gli interpreti, descrive la composizione della musica e lo sviluppo del testo, e inquadra il brano nel contesto storico del periodo in cui venne scritto, registrato e diffuso. Nel volume sono poi presenti dei QR Code che consentono di ascoltare alcuni dei brani nella versione del trio vocale Sorelle Marinetti. Che dite? Accendiamo la radio?

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