I numeri nel calcio non sono semplicemente cifre. Se il 10 significa talento, estro, genio alla Maradona e alla Roberto Baggio per intenderci, il 7 è sacralità, mistero, magia.

Un tempo il 7 spiccava sulla schiena di ogni ala destra. Giocatori funamboli, come i brasiliani Garrincha o Jair, spesso incostanti, a volte in equilibrio precario, ma sempre dannatamente eccitanti. Oggi, la maglia è indossata soprattutto da calciatori capaci di regalare emozioni infinite sulla fascia, ma viene sfoggiata anche da attaccanti letali e dominanti come Cristiano Ronaldo.

Luigi Potacqui nel suo Settimo cielo (Sonzogno, 2022, Euro 15,90, pp. 208. Anche Ebook) regala ai numeri 7 un vero e proprio romanzo avventuroso. Li fa salire alla ribalta, portando al centro della scena, oltre ai momenti memorabili in campo, le loro parabole personali, fatte di vittorie e sconfitte, di sicurezze e paure, di picchi di gloria e inesorabili cadute. Perché, dal talento ribelle di George Best al genio ordinato di Cristiano Ronaldo, vestire il numero 7 è al tempo stesso un grande onore e un’immensa responsabilità. A Luigi Potacqui chiediamo allora di raccontarci cosa hanno di tanto speciali i numeri 7 del calcio:

“Credo che dopo il numero 10, il 7 sia il numero più iconico nel calcio. È stato ed è indossato da tanti campioni che hanno contribuito e contribuiscono a scrivere la storia e a rendere magico questo sport.  Non puoi non innamorarti delle giocate di Cristiano Ronaldo, Cantona, Figo, Raul, Beckham, Shevchenko… Oppure della magia (e anche un po’ di malinconia) che avvolge le storie, di calcio e di vita, dei Garrincha, dei George Best, dei Gigi Meroni… Anche se non ho potuto vivere l’epoca di quest’ultimi per ragioni anagrafiche, e a disposizione non si hanno video in alta qualità di tutte le partite come adesso, per un ‘malato’ di calcio come me non è stato pesante studiarsi libri, articoli, documenti di un tempo o vedersi documentari e filmati dell’epoca per poterli ammirare, per poterli conoscere. Ammetto che è stato un viaggio bellissimo quello di entrare e vivere in un certo senso le loro storie. Spero di essere riuscito a trasmetterlo nel mio romanzo”. 

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Si parte da Best e si arriva a Ronaldo, due giocatori molto diversi tra loro...come è cambiato il ruolo dei numeri 7 e il calcio nei decenni che separano questi due fuoriclasse?

“Come riporto anche nel libro, prima che i numeri si smarcassero dai ruoli sul campo il 7 spiccava rigorosamente sulla schiena di ogni ala destra. Con il tempo, però, la tradizione dei numeri abbinati al ruolo è praticamente sparita. Oggi, la 7 viene sfoggiata anche da attaccanti letali. Un mix di inafferrabili poeti, idealisti bizzosi o vere e proprie macchine da gol, che rendono secondo me il numero 7 ancor più affascinante”. 

Nel suo precedente libro, La magia del numero 10, ci ha parlato dei grandi numeri 10 del calcio. In cosa sono diversi i numeri 10 dai numeri 7?

“Inizialmente nel ruolo: quando i numeri venivano assegnati in maniera rigida ovviamente la posizione in campo era diversa tra 10 e 7. Adesso diciamo che sono i numeri più indossati dai grandi ‘trequartisti’, esterni d’attacco o attaccanti, il che li accomuna molto. Per me, per i tanti geni e artisti del pallone che li hanno indossati sono senza dubbio i numeri più affascinanti nel calcio”.

Qual è stato il più forte numero 7 della storia? E qual è invece il suo preferito?

"Non ho mai amato onestamente questo tipo di domanda, qualsiasi sia il contesto. Il più forte o il più grande della storia, in qualsiasi campo, è impossibile da dire in maniera obiettiva e univoca: ognuno ha le sue preferenze. Ecco, posso rispondere alla seconda domanda e dirle qual è invece il mio preferito, anche se ammetto di amarli veramente tutti (così come per i 10). Forse Garrincha è quello con la storia più incredibile, quindi vince sicuramente tra i 7 che non ho vissuto. Matt Le Tissier lo è invece tra quelli che ho potuto ammirare, per me è quello più romantico. Un po’ come nei 10 ho amato alla follia Rui Costa, nei 7 sono sempre stato ipnotizzato da questo mago proveniente dall’Isola di Guernsey, il che accresce la magia intorno a lui: è probabilmente l’unico nativo di quelle zone ad esser arrivato ai livelli più alti del calcio. Le Tissier, per me, era come un personaggio immaginario di quelle fantastiche favole che mi raccontavano per farmi addormentare da bambino… Non credevo ai miei occhi”.

Quale sarà il numero del prossimo libro, dopo il 10 e il 7?

“Innanzitutto, speriamo che anche Settimo cielo abbia il successo de La magia del numero 10 e che piaccia tanto quanto il primo. Anzi mi assumo la responsabilità di dire che, quello sui 7, è anche scritto meglio. Poi vediamo se scriverne un altro. Di idee ce ne sono tante, ma secondo me c’è un terzo numero che è stato indossato e rappresenta altri tantissimi grandi campioni, tra i più amati e ‘prolifici’ di sempre. Potete già immaginare quale sia…”.

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