Quasi tutti noi conosciamo i palazzi del potere politico – il Quirinale, il Viminale, Palazzo Madama – soprattutto attraverso la televisione. L'immagine delle Aule della politica in cui avvengono i confronti – o spesso gli scontri – fra maggioranza e opposizione per decidere il futuro del nostro paese, è quindi familiare a ogni cittadino. Questa familiarità non aiuta certo a ridurre la diffidenza con cui molti italiani guardano alle stanze del potere. Una diffidenza frutto dello spettacolo a volte indecoroso offerto dalla classe politica nostrana negli ultimi anni, ma anche di alcuni pregiudizi ben radicati.

L’economista Carlo Cottarelli nel suo “Dentro il Palazzo” (Mondadori, 2024, pp. 240, anche e-book) prova allora a restituirci una sincera fotografia di come funzioni il sistema politico italiano e cosa accada realmente nei palazzi del potere delle nostre istituzioni.

Come spiega introducendo il volume: «Ho scritto questo libro per condividere con un pubblico più ampio quanto ho visto osservando il funzionamento del mondo politico italiano dal suo interno. Siamo in una fase di riforma delle istituzioni politiche attraverso diversi strumenti, tra i quali il disegno di legge costituzionale che introdurrebbe l’elezione diretta del presidente del Consiglio da parte dei cittadini italiani, un nuovo cambiamento della legge elettorale, l’autonomia differenziata. Mi sembra quindi il momento buono per riflettere sullo stato del nostro sistema politico sulla base di come funziona attualmente».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

La riflessione avviata nel libro da Carlo Cottarelli è quella di un testimone privilegiato in una stagione particolare della politica italiana vissuta dal famoso economista in prima persona. Nella prima parte del libro, che è anche quella principale, l’autore racconta la sua esperienza come senatore della Repubblica a cavallo tra il 2022 e il 2023. Nella seconda invece rievoca i giorni trascorsi come presidente del Consiglio incaricato dopo le elezioni del 4 marzo 2018, nel corso di una crisi istituzionale che non aveva precedenti nel nostro paese. In quel marzo 2018 erano usciti vincitori dalle urne il Movimento 5 Stelle e il Centro-destra trainata all’epoca dalla Lega di Matteo Salvini e il presidente Mattarella, date le difficoltà di creare un governo di coalizione, aveva dato un mandato esplorativo proprio a Cottarelli.

Proprio attingendo alla sua esperienza diretta nelle stanze del potere, l’autore può così esaminare, con un pizzico di ironia e attraverso numerosi aneddoti personali, lo stato della nostra politica. Ne registra le storture, le inefficienze, le potenzialità perdute, descrivendo dal di dentro il funzionamento del nostro Parlamento e trattando, fra l'altro, temi di scottante attualità come il progressivo ridimensionamento del suo ruolo rispetto a quello del governo, il dibattito ormai ridotto a scontro tra fazioni opposte.

Non per nulla Cottarelli scrive: «Fra tutti i problemi che identifico spicca quello della crescente irrilevanza nel nostro paese del potere legislativo rispetto al potere esecutivo, problema che sarebbe accentuato dall’elezione diretta del presidente del Consiglio, come previsto dalla riforma costituzionale in corso di approvazione». In aggiunta l’autore tocca temi caldi come gli stipendi di deputati e senatori, il bizantinismo delle pratiche, l'allontanamento dei cittadini dal voto, e cosa si può fare per riavvicinare i cittadini alla politica.

Soprattutto racconta per la prima volta in dettaglio quei quattro giorni del 2018 che lo videro salire al Quirinale più volte nel tentativo di formare un nuovo governo. Un tentativo fallito che però ha consentito a Cottarelli di avviare una riflessione non banale sulle implicazioni politiche della scelta del presidente Mattarella di incaricare della formazione del governo non un leader politico, ma un tecnico, esterno ai partiti.

L’autore in questo senso usa parole molto nette per descrivere una situazione ai limiti della costituzionalità: «Al fondo della crisi istituzionale che si aprì in quei giorni era il ruolo del presidente della Repubblica rispetto a chi aveva appena vinto le elezioni politiche. Come poteva il primo, nella scelta dei ministri, opporsi a chi aveva ricevuto una diretta investitura popolare? Seguendo la stessa logica, come potrebbe il presidente della Repubblica continuare a svolgere il ruolo di arbitro imparziale a lui ancora affidato dalla Costituzione di fronte a un premier eletto direttamente dal popolo come previsto con il passaggio al premierato? Anche da questo punto di vista, l’equilibrio tra i poteri verrebbe sconvolto».

Dubbi pesanti, soprattutto in prospettiva futura anche se Cottarelli nel suo libro si mostra fiducioso che la politica, quella nobile, con la “P” maiuscola possa alla fine emergere pur dalle sabbie mobili italiche.

Nonostante le frustrazioni e le delusioni provate, nonostante la sfiducia e lo scetticismo che circondano la classe politica italiana l’autore non lesina parole non banali in tempi come i nostri: «Vi posso assicurare, però, che la stragrande maggioranza dei miei ex colleghi svolge il proprio lavoro con dedizione e impegno, e che le mancanze e le imperfezioni cui faccio riferimento in questo mio scritto sono il risultato di forze che i singoli parlamentari non possono, con tutta la buona volontà, controllare singolarmente». Speriamo allora che la fiducia di Cottarelli sia ben riposta.

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