Fin dall'alba dei tempi le grandi epidemie hanno afflitto l'umanità, contribuendo a determinarne il destino soprattutto quando infuriavano in momenti già difficili per gli esseri umani come potevano essere le carestie, le crisi economiche e sociali e, soprattutto, le guerre.

E proprio al nefasto legame tra pestilenze varie e grandi eventi militari è dedicato l'e-book Epidemie e guerre (Newton Compton, 2020, pp. 256) in uscita in questi giorni e realizzato a quattro mani dallo storico dell'antichità Andrea Frediani e da uno dei maggiori esperti italiani di storia militare, Gastone Breccia.

Nel volume i due autori ci narrano proprio alcuni momenti chiave della storia umana in cui guerra e malattia si sono intrecciate creando una interazione drammatica e costringendo l'uomo a dar fondo a tutte le sue risorse per limitare i danni. Non sono poi mancati momenti in cui il connubio tra queste due piaghe ha dato il via a mutamenti politici, sociali ed economici di grande portata. Troviamo così, "sfogliando" l'e-book, come una grande epidemia di peste contribuì a vanificare i sogni di supremazia sulla Grecia antica di Atene oppure come guerre e malattie abbiano favorito l’ascesa dei barbari di fronte a un Impero romano indebolito. E ancora come la peste abbia accompagnato il secolare conflitto tra Inghilterra e Francia durante la Guerra dei Cent'anni (1337-1453) e abbia infuriato durante la Guerra dei Trent'anni che sconvolse l'Europa tra il 1618 e il 1648. Si termina naturalmente con la terribile epidemia dell'influenza Spagnola che determinò le fasi finali della Prima guerra mondiale. A uno degli autori del volume, Gastone Breccia, chiediamo allora quanto le epidemie abbiano inciso sulla storia umana:

"Bisognerebbe rispondere caso per caso, e purtroppo per le epidemie di età antica e medievale i dati quantitativi sono troppo imprecisi per poter giungere a conclusioni sicure. La mia impressione è che abbiano ostacolato e probabilmente rallentato lo sviluppo delle società coinvolte, ma non abbiano creato veri sconvolgimenti: per citare il caso più celebre, l'Europa occidentale, nonostante la Peste Nera del XIV secolo, rimasta endemica fino al XVIII, conquistò il predominio sul mondo intero; né credo che la Spagnola, pur falciando decine di milioni di individui, abbia mutato la direzione presa dal XX secolo verso lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione...".

In quali casi le vicende umane sarebbero potute andare diversamente senza l'intervento delle malattie?

"Certo, se i nativi americani nel Cinquecento non fossero stati sterminati dalle epidemie, è improbabile che poche centinaia di soldati spagnoli potessero conquistare un continente... Ma è il solo caso che mi viene in mente. Come dicevo prima, le altre grandi epidemie possono aver ostacolato, ma non stravolto il corso della storia".

La Spagnola del 1918 ha inciso sull'esito della Prima guerra mondiale e determinato il successivo dopoguerra?

"Nell'estate del 1918 la Spagnola fece in tempo a colpire tutti gli eserciti schierati sul fronte occidentale, ma ebbe conseguenze più gravi per i tedeschi, la cui possibilità di ripianare le perdite era ormai limitata. L'ultima grande offensiva tedesca, iniziata in marzo, era comunque già fallita prima che l'epidemia di influenza potesse far sentire i suoi effetti; solo la quinta fase, l’operazione Friedensturm, scattata il 15 luglio, venne seriamente danneggiata dalla Spagnola. Ma, ripeto: la possibilità di ottenere una vittoria decisiva sul fronte occidentale per l’Impero tedesco era già svanita tra marzo e aprile.

Per quello che riguarda il dopoguerra mi è più difficile rispondere. L’impressione è che la Spagnola sia stata rapidamente rimossa dalla memoria collettiva, sia tra gli sconfitti sia tra i vincitori del conflitto... come se avessero altro a cui pensare".

Oggi invece non facciamo che pensare al Coronavirus. Cosa abbiamo disimparato in questo secolo sostanzialmente privo di epidemie devastanti?

"Abbiamo dimenticato che la natura può essere terribile, sorprendente, e soprattutto – per qualche tempo almeno – più forte di noi. Abbiamo disimparato a morire. Questo può sembrare brutale, ma penso sia vero: viviamo (o vivevamo, fino a ieri) in una situazione di assurda rimozione della morte, relegata a incidente nefasto o rara malattia inguaribile. Invece la morte fa parte della vita. La natura uccide, perché la morte è nella natura. Possiamo limitarla, possiamo trovare rimedi a molte cause di morte, ma non a tutte. È banale dirlo, lo so, ma sembrava ce ne fossimo un po’ dimenticati".
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