Cent'anni fa moriva l'inventore dell'esperanto: con la lingua universale sognava la pace nel mondo
Era il 1872 quando il medico Ludwik Zamenhof cominciava a lavorare sull'esperanto.
Una lingua artificiale e universale, che aveva nel suo vocabolario termini di idiomi diversi perché potesse essere studiata facilmente da tutti.
Alla base c'era un sogno: che tutte le persone nel mondo potessero comprendersi e così vivere in pace.
A cent'anni dalla morte di Zamenhof l'utopia vive ancora.
Sono un milione e mezzo nel mondo le persone che la praticano e da qualche anno è stata aggiunta da Google nel suo servizio di traduzione.
"Sin dall'età di 10 anni - spiega Agnieszka Kajdanowska, responsabile del centro Zamnehof, fondato nella sua città natale, Bialystok - lo studioso ha iniziato a riflettere su questo progetto: era un'idealista".
Il principio su cui si basa l'esperanto è la semplificazione: il suo glossario contiene un migliaio di parole, per la maggior parte di origine romanze e latine, seguite da quelle germaniche, slave e greche.
Le regole grammaticali sono 16, rigide, senza le eccezioni che spesso rendono di difficile comprensione lingue complesse come quella italiana.