Le lucerne di Porto Giunco, le monete di Adriano e Traiano, la splendida protome di un elfo. E poi le anfore, il vasellame di diversa foggia e fattura, gli immensi dolium riportati in superficie appena dodici mesi fa, i cannoni spagnoli e i lingotti di piombo romani.

È il tesoro dell’archeologia subacquea, sono i reperti che i subacquei hanno strappato al mare, riportato alla luce dalle acque del sud Sardegna e dell’Oristanese, fino a Pistis, Pula, Santa Giusta e Santa Gilla, Villasimius, e che ora rivivono nel laboratorio della Soprintendenza allestito nel molo Sabaudo. Un immenso spazio che l’Autorità portuale aveva concesso anni fa per custodire i manufatti recuperati nel porto di Cagliari durante le prospezioni subacquee che anticipavano i lavori di allungamento del molo Rinascita.

È qui che i reperti vengono trattati per eliminare la salsedine, ripuliti dalle incrostazioni e soprattutto esaminati e studiati. Da loro si attingono informazioni preziose sul passato e a volte indizi per ricostruire la storia, aggiungere nuove conoscenze.

Un paradiso che avrebbe bisogno di essere esaltato, trasformato in un’opportunità culturale straordinaria per la città e per i turisti che sbarcano nel porto di via Roma. A cominciare dalle migliaia di croceristi che proprio quest’anno - è stato annunciato nei giorni scorsi - toccheranno il tetto dei 400 mila.
© Riproduzione riservata