«Una lettera indirizzata a mio nonno spedita dai nazisti con tanto di svastica, ritrovarla nella casa di Decimomannu è stato uno shock. Ho provato subito a tradurla ma non riuscivo a capirne il senso, poi ho letto quell’ultima e terribile frase che mi ha fatto raggelare il sangue “Heil Hitler”». Barbara Serra ancora si emoziona nel ricordare il giorno in cui sua sorella Ilaria le mandò un messaggio con la fotografia di una lettera del 1938 indirizzata a suo nonno Vitale Piga, funzionario fascista, ritrovata per caso in mezzo alle carte di famiglia. Una storia già in parte raccontata nel docufilm di Al Jazeera “Fascism in the family” del 2020 in cui la giornalista è protagonista ma che oggi ritorna fortemente alla ribalta e con nuovi dettagli grazie al suo ultimo libro “Fascismo in famiglia” (edito da Garzanti, 192 pagine, 18 euro, in libreria dalla scorso aprile) che domani verrà presentato a Cagliari e mercoledì a Carbonia.

La giornalista di fama internazionale Barbara Serra è nata a Milano 50 anni fa da padre sardo e madre siciliana e non ha mai scordato le sue origini: «Sono andata via dall’Italia a 8 anni e sono cresciuta all’estero, prima in Danimarca e poi in Inghilterra, ma in casa si parlava italiano. I miei genitori ci tenevano alle origini e tornavamo spesso in Sardegna dove sta ancora una parte della nostra famiglia. Ho sempre saputo che mio nonno era un fascista ma finché quella lettera nazista non mi ha spinto ad addentrarmi nella ricerca storica capivo solo in parte cosa significasse», racconta.

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