Alberto Nocentini è uno dei maggiori glottologi contemporanei. Ha insegnato per oltre quarant’anni Glottologia e Linguistica Generale all’Università di Firenze ed è stato autore, per l’editore Le Monnier, de L’Etimologico, dizionario della lingua italiana pubblicato nel 2010 in cui ha presentato e discusso l’etimologia di oltre 17 mila termini. Ora ci offre un saggio del grande lavoro di ricerca svolto nell’agile saggio “Etimologi si nasce e io, modestamente, lo nacqui” (Le Monnier Università, 2021, pp. 134, anche e-book) in cui in maniera divertente e leggera ripercorre le origini e le trasformazioni di un centinaio di parole, alcune delle quali sembrano fatte apposta per trarci in inganno.

Scopriamo così che “poltrone” e “poltrona”, apparentemente tanto vicini come termini, hanno storie ben diverse, mentre “baleno” e “balena”, per uso odierno molto distanti, hanno invece uno stretto legame. Non mancano poi altre sorprese quando si racconta che la parola “brutto” non deriva, come spesso si pensa, dal latino brutus. I Romani antichi usavano questo termine con il significato di “stupido, privo di ragione” mentre brutto nell’italiano dei primi secoli voleva dire “sporco”. Il passaggio a “ripugnante” tipico dell’uso attuale è facilmente comprensibile. In molti casi le etimologie poi ci sorprendono e una parola come “belletto” non deriva da “bello” come ci si aspetterebbe ma da termini che significano “sporcizia, fanghiglia”. Il belletto, in fondo, ricopre di trucco, a volte posticcio e pesante, il volto. E ancora: ballatoio ci fa pensare a “luogo dove ballare” mentre la sua origine è nel termine latino bellatorium, luogo dove si combatte.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Insomma, l’etimologia di molte parole è frutto di una vicenda sorprendente e che vale la pena di conoscere come conferma Alberto Nocentini:

“L’etimologia di una parola è una storia e ricercare un’etimologia è un modo per fare storia. Ricostruire l’etimologia di un termine significa capire come è nato, come è cambiato e si è trasformato il suo significato attraverso i secoli. Per la prossima edizione dell’Etimologico, a cui sto lavorando, mi è stato chiesto di scegliere cento parole chiave della nostra cultura e scriverne una breve storia. L’ho fatto molto volentieri perché in questo modo un vocabolario non è più solo una semplice raccolta di curiosità, ma ci aiuta a capire come conoscere l’origine e l’evoluzione delle parole sia un modo un modo per riappropriarci delle nostre radici”.

È questa l’utilità della ricerca etimologica?

"L’etimologia, intesa nel suo pieno significato di storia della parola e ricerca della sua causa prima, ha la stessa utilità che si riconosce allo studio della storia, con l’aggiunta che ci offre il piacere di soddisfare alcune nostre curiosità”.

Venendo a una curiosità: veramente, come si legge nel suo libro, il termine “bufala”, non ha proprio nulla a che fare con latte e mozzarella?

“Secondo una leggenda metropolitana ‘bufala”, intesa come ‘panzana’ deriverebbe dal fatto che si truffavano le persone spacciando della mozzarella vaccina per la più pregiata mozzarella di bufala. Più semplicemente ‘bufala’ deriva dal latino bufare che significa ‘soffiare’. Il significato di partenza di ‘bufala’ è ‘emettere aria’ e quindi fare discorsi privi di fondamento. Raccontare delle panzane appunto”.

Per finire, le parole a volte sembrano fatte apposta per metterci fuori strada…

“Le parole ci ingannano e conoscerne l’etimologia ci aiuta star lontani da ciarlatani e dalla propaganda. Per fare qualche esempio, ‘boia’ e la sua attività non c’entrano nulla con ‘boiata’ che deriva dalla voce dialettale emiliana bojada, che a sua volta è derivato da boj, bollire col significato di pastrocchio, insomma qualcosa di immangiabile. Una boiata appunto”.

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