"Arrivederci Pinuccio Sciola", il ricordo a un anno dalla morte
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Era una fresca mattina di primavera, il 13 maggio 2016, quando Pinuccio Sciola, l’artista noto non solo nell’Isola ma in tutto il mondo per aver dato voce alle pietre, salutava per l’ultima volta la sua amata San Sperate.
Una giornata segnalata dal lutto di una comunità, un Paese, un’Isola intera, che avrebbe reso omaggio al “suo” Pinuccio con un’interminabile processione, nei giorni a seguire, alla camera ardente, e con una folla silenziosa e commossa ai funerali.
A un anno di distanza il ricordo rivive in uno speciale realizzato da Videolina, che andrà in onda nella serata di oggi, venerdì 12 maggio: una ricostruzione, anche attraverso interviste d’archivio, dell’autore di un percorso artistico unico e segnato dal grande valore e impegno non solo culturale, ma anche sociale.
Nato nel 1942 in una famiglia di contadini di San Sperate, poi trasformato nel “paese museo” dei murales, Pinuccio prosegue la sua formazione prima a Firenze, poi a Salisburgo, a Madrid e Parigi.
Nel 1973 reca a Città del Messico, dove lavora con il grande maestro dei murales David Alfaro Siqueiros partecipando, tre anni dopo, alla Biennale di Venezia. Nel 1985 i suoi lavori vengono accolti alla Quadriennale di Roma e, fra il 1986 e il 1987, in una mostra itinerante che tocca le maggiori città della Germania. Seguiranno da lì moltissime esposizioni in ogni parte del mondo, che ne consacreranno per sempre il successo.
È del 1996 la nascita delle sue famose pietre sonore, cui viene “data voce” per la prima volta dal percussionista Pierre Favre al Festival "Time in Jazz" di Berchidda. Tra le sue esperienze artistiche, anche la collaborazione, nel 2003, con l'architetto Renzo Piano, che sceglie una monumentale scultura sonora per la Città della Musica a Roma. Nel 2012 viene insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano della Commenda dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Nel 2014 cura per il teatro Lirico di Cagliari la scenografia della Turandot, per cui utilizza i basalti e i calcari della sua amata terra.