La storia antica della città ci racconta che la Sartiglia, con las allegrias, ha allietato gli oristanesi anche al di fuori del Carnevale. Uno di questi appuntamenti risale all’inizio del febbraio 1616 quando le reliquie del patrono della città, Sant’Archelao, vennero trasferite dal villaggio di Fordongianus a Oristano. Un avvenimento particolare degno di essere solennizzato con Sortilles. Lo rivela la studiosa Ilaria Urgu, archivista, dipendente della Fondazione Oristano, che studia con grande passione i documenti dell’archivio comunale. «È ricco di testimonianze sulle antiche Sartiglie e sui giochi equestri del passato, quando la monarchia spagnola ordinava alle città più importanti del Regno di omaggiare i sovrani ed esaltarne il potere organizzandole in occasione di eventi solenni in casa reale» spiega Ilaria Urgu. «A partire dal 1547 – questo finora il dato più antico di una giostra organizzata in città - il popolo oristanese veniva intrattenuto, divertito e soprattutto distratto dalle continue vessazioni con corse alla stella, alla spada, alle alcancias, alle pariglie ogni qual volta a Torino avveniva un lieto evento».

La visita del principe

Poi ci fu la visita del principe di Carignano Carlo Alberto nei domini dell’Isola e il passaggio in città avvenuta il 25 e 26 aprile del 1829. All’epoca la Sartiglia era già una manifestazione carnevalesca, quindi la corsa di quell’anno è da considerare un’edizione straordinaria. Su invito di Carlo Boyl, colonnello d’artiglieria e ispettore del Regno, la Municipalità venne chiamata ad accogliere sua altezza reale e a dimostrare l’amore e l’affetto nei suoi confronti con una festa. Boyl suggerisce così di ricevere Carlo Alberto preparando un bell’arco di trionfo fatto di foglie di mirto da sistemare nella porta della città per il suo ingresso, di allestire una giornata di pesca nella peschiera Pontis e di organizzare una giostra di cavalli, proprio come avveniva a Carnevale.

In peschiera Pontis

«Alla peschiera Pontis il principe di Carignano venne accolto dal proprietario, il duca di San Giovanni» racconta la studiosa, «mentre in città fu il Consiglio civico ad adoperarsi per organizzare gli intrattenimenti. Venne individuato un buon numero di cavalli con cavalieri che, con bei costumi dei rispettivi villaggi che costituivano l’antico giudicato d’Arborea, potessero dare vita a una scenografica corsa, così come si praticava i giorni del Carnevale, nella piazza della casa dell’arcivescovo». Cominciò così la ricerca di begli esemplari di cavalli. Inoltre, per richiamare il popolo, vennero allestiti dall’artificiere Lecca di Cagliari, dei fuochi d’artificio, da far esplodere dopo la Sartiglia». Fuochi d’artificio ai quali vennero dati una forma di figura femminile che ricordasse la grande giudicessa Eleonora con un libro in mano, raffigurante lo statuto delle leggi che, disfacendosi in fiamme, rappresentava la fine di quella grande dinastia e la successiva serie delle tristi vicende politiche nella nostra città. «Dalle lettere inviate dalle autorità al Consiglio civico si deduce che la festa fu un trionfo».

Matrimonio reale

Nel 1842 un’altra corsa di maschere venne organizzata al di fuori del Carnevale: «Il Consiglio comunale venne chiamato a sostenere le spese per i festeggiamenti del matrimonio reale di Vittorio Emanuele di Savoia e Maria Adelaide d’Asburgo - Lorena. Fu comune l’esultanza per questo nuovo felice evento della casa Savoia: personalità civili e militari, le corporazioni religiose, la nobiltà e il popolo, invadendo le piazze e le vie cittadine, manifestarono l’immensa gioia di sudditi e l’attaccamento ai Savoia. Fu l’ultima giostra organizzata in onore della monarchia, una giostra straordinaria».

Da quell’anno, spiega Ilaria Urgu, non ci sono attestazioni su Sartiglie al di fuori del Carnevale, a eccezione delle pariglie per l’inaugurazione della statua di Eleonora nel 1881. La Sartiglia da quel momento diventerà una delle manifestazioni più spettacolari e coreografiche del Carnevale: racconta la storia, le tradizioni e la cultura oristanesi che ne fanno ancora una festa unica.

Patrizia Mocci

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