La Terra è un ecosistema nel quale gli elementi naturali e gli esseri viventi sono collegati tra loro in un delicato equilibrio. Questo ecosistema è un prezioso patrimonio mondiale, comune a tutti gli uomini: gli oceani, le foreste, la varietà di specie vegetali e animali (biodiversità) del nostro pianeta rappresentano infatti una risorsa indispensabile per le comunità umane.

Purtroppo, sono anni ormai che gli studiosi di ecologia sostengono che l’azione dell’uomo sta progressivamente danneggiando l’ambiente naturale, mettendo in pericolo l’esistenza di molte specie e, nel lungo periodo, la sopravvivenza stessa dell’uomo sulla Terra. Negli ultimi 200 anni la popolazione mondiale è cresciuta a ritmi molto sostenuti e con essa sono cresciuti anche le attività produttive e i consumi, che hanno determinato da un lato lo sfruttamento sempre più massiccio delle risorse naturali, e dall’altro forme sempre più pesanti di inquinamento ambientale. Per questa ragione molti scienziati ed esperti di questioni ambientali hanno cominciato a utilizzare il termine Antropocene per indicare il periodo attuale, quello in cui l’ambiente terrestre viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all'aumento delle concentrazioni di sostanze inquinanti come l’anidride carbonica nell’atmosfera. Risultato dell’azione umana, secondo la maggior parte degli esperti, sono le trasformazioni che stiamo vivendo negli ultimi decenni e di cui parlano con toni allarmistici i media di tutto il mondo: riscaldamento globale, cambiamenti climatici, diminuzione della biodiversità, fenomeni atmosferici sempre più violenti.

Insomma, appare sempre più evidente e probabile come l’intervento degli esseri umani- soprattutto negli ultimi secoli di industrializzazione e di progresso tecnologico - abbia modificato gli equilibri del nostro Pianeta. Ma oltre a prendere atto dell’accaduto, è possibile fare qualcosa per riequilibrare la situazione? Soprattutto: cosa ha senso fare e cosa invece dobbiamo evitare?

Un possibile percorso per gestire il cambiamento in atto ci viene proposto da un libro affascinante: "Atlante dell’Antropocene” (Mimesis, 2021, pp. 168) di Aleksandar Rankovic e  François Gemenne. Nel volume, grazie anche alle carte e ai grafici realizzati dal prestigioso Atelier de cartographie de Sciences Po, emerge una verità oramai lapalissiana: il tentativo di controllare e possedere la Terra tipico degli ultimi secoli di storia umana è semplicemente impossibile e l’unico risultato di questa folle idea è quello di rimanervi schiacciati.

L’Atlante, infatti, mostra con l’evidenza dei dati tutta la crisi ecologica dei nostri tempi, una crisi fatta di mutamenti climatici, erosione della biodiversità, cambiamento demografico, urbanizzazione, inquinamento atmosferico, deterioramento del suolo, catastrofi naturali, incidenti industriali, crisi sanitarie. Nello stesso tempo ci fa capire che per uscire dai pericoli dell’Antropocene e dare vita a una nuova era sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale dobbiamo prima di tutto capire quello che sta succedendo, dobbiamo decifrare la straordinaria complessità che sta attorno a noi per poi avviare il cambiamento. Un cambiamento che non può essere né semplice, né immediato ma che per gli autori del volume non è solo una sfida ecologica e scientifica, ma soprattutto politica. La politica, infatti, tende abitualmente a considerare l’ambito umano e la Terra come due entità distinte. Il primo viene quindi regolato dalle leggi e dalle norme sociali, la seconda è appannaggio delle regole scientifiche.

L’Antropocene, proprio perché contraddistinto dall’impatto degli esseri umani sul Pianeta, ci dimostra come questa distinzione non abbia più senso e debba essere superata. Dobbiamo quindi concepire una geopolitica in cui la Terra venga considerata come soggetto della politica e delle sue azioni e non più come oggetto o come semplice scenario delle attività umane. Insomma, il Pianeta non è il palcoscenico dove l’Homo sapiens mette in scena la sua vicenda ma è parte integrante, anzi insostituibile di questa vicenda. Questa consapevolezza, per Aleksandar Rankovic e  François Gemenne, ci deve spingere a stringere un’alleanza con la Terra, una alleanza che alla lunga potrà essere vantaggiosa per tutti. È questo il messaggio più confortante di questo volume che è tutt’altro che la solita litania di emergenze e catastrofi future. È soprattutto una rassegna dei cantieri che si possono aprire per costruire un mondo diverso. L’epoca in cui viviamo è sicuramente angosciosa, ma non disperata: conoscere le caratteristiche dell’Antropocene ci aiuta a comprendere che abbiamo tante responsabilità, ma ancora maggiori possibilità per ridefinire il nostro rapporto con il nostro Pianeta.

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