La polpa si mangia in mille modi, i semi vengono tostati e salati per accompagnare un bicchiere di vino, la buccia, svuotata e seccata, può diventare un contenitore buono per mille usi. Per questo i contadini del passato chiamavano la zucca "il porco degli ortaggi"...perché come nel maiale nulla andava perduto. Eppure le fortune di questo ortaggio, oggi molto rivalutato, sono state altalenanti forse a causa del suo sapore dolciastro, per alcuni vagamente indefinito, "sciocco" per usare le parole dei grandi cuochi del Cinquecento, epoca però in cui la moda era quella dei sapori estremi. Conta certamente il legame che la zucca ha avuto con le tavole umili, contadine, cosa che non l’ha resa protagonista dei grandi ricettari dei secoli passati, destinati a imbandire le mense nobili, quindi non le ha forse consentito di esprimere tutte le sue potenzialità. Che sono tante, come ci raccontano Paolo Morganti e Chiara Nardo nel loro volumetto La zucca. La storia, le tradizioni e le ricette (Morganti editori, 2010, Euro 13,50, pagine 144) in cui ritroviamo la storia della zucca raccontata rifacendosi ai vecchi libri di cucina, ma con un occhio di riguardo per le curiosità, le leggende e le tradizioni popolari a lei legate. Per concludere più di 60 ricette.

ANTICA ROMA - I Romani la chiamavano “cibo per plebei”, ma bisogna anche dire che usavano una varietà di zucca piccola e panciuta, la Lagenaria, oggi utilizzata solo a scopi ornamentali per la sua polpa dura e poco invitante. Però compresero di trovarsi di fronte a un ortaggio di grande versatilità: al vapore, bollito, arrostito, dove lo mettevi faceva la sua figura. Il poeta Marziale (40-104 d.C.) ci ha lasciato, in questo senso, un divertente epigramma su un anfitrione che usava solo zucche per elaborare ogni sorta di vivanda: "…le zucche Cecilio/taglia in mille pezzettini./Le mangi all’antipasto/te le dà nella minestra/te le serve per pietanza/le mette nel contorno".

Una versatilità che si esaltava se si aveva l’accortezza – è forse questo il segreto per valorizzare la zucca – di accostarlo a sapori forti. Così univano la polpa al garum, orrido – almeno per i nostri palati – intruglio di pesce salato impastato con interiora e lasciato a imputridire al sole. Oggi si può far di molto meglio con del taleggio, della mostarda oppure delle acciughe.

DALLE AMERICHE - Nonostante i versi di Marziale la zucca rimaneva un cibo per poveri e certamente l’accostamento al garum non aveva migliorato le cose. Quasi mille anni dopo la fine dell’Impero romano, infatti, il Platina, grande umanista e autore del De honesta voluptate et valetudine (Il piacere onesto e la buona tavola), il più importante trattato di cucina del Quattrocento, scriveva nel 1474: "Le gole delicate della gente d’oggi esigono pasticci di carne d’uccelli o di altri animali da cortile, non prodotti dell’'orto. Disprezzano la bietola, la zucca, la rapa giudicandoli vivande de servi". I servi, intanto, ringraziavano il cielo che con la scoperta delle Americhe fossero giunte in Europa nuove varietà di zucca di gran lunga migliori di quelle usate dai Romani. Le zucche americane sono poi quelle che ancora oggi mangiamo, quelle dalla forma tonda oppure allungata, simili a un grosso turbante, dai colori verde marino o intenso, o giallo o ancora arancione. Ortaggi polposi, carnosi, soprattutto molto più grandi delle varietà continentali.

PANACEA DEI NONNI - Oggi esistono zucche capaci di raggiungere, con particolari attenzioni, i cento chili di peso, però i nostri antenati si contentavano di molto meno, anche se mettevano nella coltivazione di questi ortaggi una grande cura. I semi alla giusta distanza, in terreni non troppo sfruttati così che le zucche crescessero il più possibile. Una zucca poteva sfamare una famiglia per giorni, sotto forma di minestra, accompagnata alla polenta, in marmellata oppure come dolce. E più era grande più si mangiava e più si avevano semi per fare sementi e nuove zucche oppure da tostare e salare per fare i brustolini (o bruscolini). In gioco c’era la sopravvivenza e le zucche fecero la loro parte, assieme alla patata e al mais, per sfamare gli Europei, anche se con meno risonanza. Quel che avanzava, la buccia, scavata con attenzione e seccata, veniva usata per contenere latte, vino, sale. Oppure nelle zucche vuote si sbatteva la panna per fare il burro e quelle più piccole diventavano borracce o artigianali maracas per i giorni di festa. Poco importa quindi che mancasse sulle tavole nobili, l’importante erano i mille usi intelligenti che questo ortaggio offriva. Usi tutt’altro che "zucconi"...
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