Al Performing festival di Catanzaro anche l’Accademia Belle Arti “Sironi”
L'istituzione sassarese ha proposto una postazione di performing art nel metaversoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Undici come una formazione di calcio per il PRMG Performing Festival, evento internazionale dedicato alle arti performative organizzato dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro,finanziato con i fondi PNRR banditi dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Tra le sistituzioni coinvolte anche l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari che non ha certo giocato in difesa. Nella suggestiva veranda liberty del Parco di Villa Margherita, l'accademia sassarese ha proposto una postazione di performing art nel metaverso gestita dagli studenti della scuola di Nuove tecnologie, a cura della professoressa Sonia Golemme in cooperazione con i docenti Pietro Pirino e Diego Ganga, rispettivamente coordinatore della Scuola di Nuove tecnologie e docente di Tecniche di modellazione digitale 3D dell'Accademia.
L’evento, a cura della professoressa Simona Caramia, responsabile scientifico del progetto, ha proposto un programma ricco di incontri sul tema del corpo come strumento tecnico di ricerca artistica, proponendo un approccio alla visione del ruolo dell’arte performativa come pratica socio-politica oltre che come esperienza estetica, dando ai partecipanti occasione di riflettere sul concetto dello spazio pubblico come luogo di relazione e integrazione.
Cruciale a questo proposito è stato l’intervento dell’artista di fama internazionale Regina Josè Galindo, che nelle sue opere, senza filtri, nel talk organizzato all’interno della splendida cornice scenica del Teatro Politeama, ha svelato traumi, cicatrici e ferite alle quali viene sottoposto il corpo delle donne durante la dittatura militare in Guatemala. Con la sua arte la performer sudamericana denuncia il genocidio della popolazione autoctona del suo paese estendendo l’accusa all’educazione di matrice patriarcale che impera trasversalmente in ogni cultura e domina ogni strato sociale, accusando, a livello planetario, la ferocia degli strumenti militari di oppressione sui diritti umani.
Giocosa e leggera, quasi a bilanciare la poetica drammatica della Galindo, è arrivata la lingua universale dell’arte performativa di Nezaket Ekici; prezioso, a supporto dei talk e dei workshop sulle pratiche performative, è stato il contributo teorico sulla differenza fra performance art e video arte proposto dalla docente e studiosa d’arte performativa Valentina Valentini.