Fa discutere gli studiosi la notizia di una seconda “Gioconda”, copia di quella del Louvre, custodita a Roma, in deposito a Montecitorio, dove è arrivata nel 1925 dal museo di arte antica di Palazzo Barberini.

Si tratterebbe di un'opera di particolare pregio secondo il questore della Camera, Francesco D'Uva, che se ne è privato per esporla nella sala Aldo Moro di Montecitorio: "Si tratta di una copia del quadro del Louvre realizzata dalla bottega di Leonardo, forse addirittura con la sua stessa collaborazione" sostiene il parlamentare.

Le analisi fatte durante un recente restauro della tela ne avrebbero confermato la datazione nella prima metà del Cinquecento (Leonardo muore nel 1519). Originariamente su tavola, come l'originale esposto al Louvre, la Gioconda romana apparteneva ai Torlonia.

LE OPINIONI – Sul valore dell’opera, però, gli esperti si dividono: gli storici dell'arte Antonio e Maria Forcellino, in un contributo al catalogo di una mostra romana su Leonardo che si è tenuta nel 2019, ne hanno sottolineato la qualità. Secondo loro certi tratti del paesaggio e le velature degli incarnati "sono di una trasparenza che echeggia in maniera puntuale la tecnica esecutiva di Leonardo operata nel dipinto del Louvre", anzi, "la tecnica pittorica ... è così raffinata dal lasciar presupporre che lo stesso Leonardo abbia messo mano alla definizione chiaroscurale del volto".

La storica dell'arte Rossella Vodret, ex soprintendente di Roma, aveva invece schedato il dipinto nel 2005 definendolo di "qualità non alta". Un altro storico dell'arte ed ex soprintendente di Roma, Claudio Strinati, si tiene equidistante: "È legittima l'opinione di Forcellino" ed è plausibile anche che si tratti di un'opera della bottega di Leonardo. Ma quanto al fatto che ci sia la mano del maestro, "a parer mio è un dipinto di media qualità che non sembra denotare l'impronta di una mano eccelsa qual era quella di Leonardo".

"Macché seconda Gioconda", il commento lapidario di Vittorio Sgarbi, "quella è una modesta tela". Non un capolavoro, dunque secondo il critico d’arte, ma "semmai un modesto dipinto da arredamento".

Proprio la legge, ricorda l'ex sottosegretario ai beni culturali, prevede che le pubbliche istituzioni possano chiedere ai musei di prestare loro opere custodite nei depositi per arredare sale aperte al pubblico, "come da anni è a Montecitorio". "Tutto quello che meritava di essere restituito ai musei lo è stato nei decenni scorsi attraverso una commissione che io ho guidato".

"Non l'ombra, ma l'incubo di Leonardo", aggiunge ancora Sgarbi riferendosi alla “Gioconda” ritrovata. “La copia, dipinta almeno 70 anni dopo la sua morte – conclude –, non ha alcun valore artistico e indica soltanto la fortuna dell'opera, come le innumerevoli copie di grandi maestri. Tanto rumore per nulla".

(Unioneonline/v.l.)

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