"Cara Unione,

'Stefano Cucchi era solo un tossico' è una frase che abbiamo - purtroppo - sentito molte volte. La società con occhi offuscati dalle ortiche, tende infatti a punire per sempre (anche dopo la morte) chi è stato dipendente: non importa se ha provato a cambiare vita, sarà sempre marchiato come colpevole.

Il tossicodipendente, per quanto cronicizzato, non può essere abbandonato alla sua condizione di disagio e di malattia e deve essere sempre considerato recuperabile alla vita. Chi fa uso di sostanze psicotrope, non è in grado di gestirsi, recando danni a se stesso e a chi gli è vicino.

L'eroina, in particolare, porta con sé il fantasma della disperazione, autodistruzione e morte, che prende corpo in un circolo progressivamente vizioso fatto di reati, carcere e overdose.

Criminalizzare il consumo di droga è un'operazione pericolosa: non allontana dalla consapevole modifica dei comportamenti, produce emarginazione sociale, spinge alla microcriminalità e attrae i consumatori di droga nel circuito carcerario.

La salute non ha colore politico, ogni intervento in grado di tutelare una persona, eliminare il rischio che contragga malattie, deve essere valutato per i risultati che consegue, sapendo che la salute della singola persona è garanzia per la salute dell'intera collettività. Per questo sono necessari anche gli aiuti sociali delle famiglie e delle comunità terapeutiche ma non basta, serve un'azione diretta anche per il reinserimento sociale con la creazione di un fondo speciale per le politiche di reinserimento lavorativo con il supporto anche dei privati.

Ricordiamoci che un uomo la cui dignità è calpestata dalla sua condizione di dipendenza, può risollevarsi e la strada per la libertà, passa dall'inclusione la formazione e il lavoro.

Le comunità possono aiutare chi cade verso il recupero, ma poco potranno fare senza la stima e il supporto di ognuno di noi".

Andrea Zirilli

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