"Cara Unione,

sono un medico di 44 anni e da quasi vent’anni svolgo la mia professione all’estero.

Sono stato uno studente brillante durante gli anni di studio passati nell’ateneo di Cagliari. Ma più dei voti, credo che brillasse in me la voglia di diventare un grande chirurgo, di aiutare la mia gente, di cambiare in parte il mondo della medicina in Sardegna, rendendolo più moderno e funzionale. Evidentemente tutto ciò si è tradotto in un fallimento a livello umano: l’unico modo di crescere professionalmente è stato emigrare. Ho raggiunto e superato le mie aspirazioni sotto questo punto di vista ma resta la tristezza di non poter mettere le mie conoscenze al servizio del mio popolo.

In questi tempi durissimi marcati dalla pandemia, vedo come sempre confusione in ambito sanitario.

Assunzioni di medici non specializzati, centri ospedalieri fatiscenti e non preparati per una emergenza di questo tipo. Esigenze assurde come il passaporto sanitario... se la Sardegna pretende tutelarsi con una misura di questo tipo si può capire e condividere ma se le regioni italiane manifestassero le stesse esigenze? Potrebbe la sanità sarda permettere a tutti coloro che arrivano in Sardegna di ripartire con le stesse garanzie? La risposta, purtroppo, è no!

Come ho detto prima vivo all’estero e purtroppo in queste feste natalizie non potrò visitare mia madre. E non si tratta di prudenza o imprudenza. Viaggerei con una prova sierologica e con una PCR negativa perché l’ultima cosa che vorrei è contagiare la mia gente e in concreto mia madre. Il problema sarebbe rientrare. È virtualmente impossibile prenotare una data concreta per sottomettermi a un tampone molecolare.

La regione ha raggiunto una convenzione con due centri privati ma nessuno capisce che, al margine della emergenza sanitaria, esistono attualmente altri obblighi da tenere presenti a livello europeo per garantire la mobilità. Ancora una volta la Sardegna è rimasta indietro. Mi domando se qualche giorno tutto questo cambierà, perché pretendere sicurezza è un diritto ma non assicurarla agli altri è una superficialità imperdonabile.

Mi sento sempre più dimenticato".

Valerio Perna

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