«Cara Unione,

in una domenica di questa estate credevo stupidamente di poter raggiungere agevolmente casa mia - a Oristano - da un porto sardo senza arrivare in auto e senza farmi aiutare da amici e parenti. Mi sbagliavo, purtroppo.

Sono arrivata puntualissima a Porto Torres con una nave Grimaldi alle 12:45, cosciente che esisteva solamente un treno alle 14:32 che mi avrebbe portato a Oristano. All'arrivo c'erano 42 gradi e l'ufficiale all'ingresso del porto mi ha consigliato di aspettare lo shuttle perché arrivare al centro intermodale in quel momento sarebbe stato pressoché impossibile da sopportare, umanamente, con valigie e bagagli.

Lui stesso preso da compassione mi ha ceduto i suoi 20 cm di ombra per ripararmi dal sole cocente, visto che non esiste neppure una fermata, una pensilina, un riparo e neppure un cartello di fermata. Dopo un lunghissimo tempo arriva lo shuttle e realizzo che lo stesso mezzo era parcheggiato nel piazzale dietro di me e non so perché non era partito. Io con mia figlia eravamo gli unici passeggeri di un autobus per 60 persone, e l’autista mi ha confortato dicendo che al centro intermodale avrei trovato tutto quello che mi serviva per continuare il mio viaggio in ogni direzione. Favole.

Sorvolo sull'ulteriore ritardo per il controllo della Guardia di finanza, che non ha controllato nessuna macchina scesa dal traghetto ma solo i disgraziati dello shuttle, e finalmente arrivo al centro intermodale, dove chiedo lumi a due impiegate annoiate che pasticciano sul computer, non sanno quali autobus o treni passano di lì, e io, prima di perdere una qualsiasi coincidenza decido di aspettare fuori (qui c'è una pensilina!). Presa da disperazione chiamo i primi otto numeri di taxi locali che Google mi suggerisce per portarmi a Sassari, e purtroppo o non rispondono o rifiutano.

Traduco: un turista appiedato che arriva a Porto Torres con una nave di linea non solo non ha nessun mezzo in coincidenza ma non trova neppure un tassista disposto a trasportarlo neanche pagandolo molto. Infine gioco la carta più insicura, Google Maps: per fortuna Mountain View ha aggiornato persino gli orari degli autobus sardi e effettivamente mi trova una soluzione possibile: un autobus che mi porta a Sassari (in una stazione degli autobus desolata, con pensiline trasparenti e panchine, curiosamente fuori dalle pensiline, senza un albero o una siepe che ripari dal sole cocente a 42 e più gradi) e poi un altro autobus diretto a Nuoro che mi porta finalmente a Macomer, dove finalmente riesco a prendere un treno alle 15:50 che mi porta a destinazione.

In totale ho preso tre bus e un treno e ci ho messo sei ore per fare 143 km: 24 km/h, li facevo anche in bicicletta.

Le voci si sprecano per invocare la sacrosanta continuità territoriale, lamentando mancanza di mezzi sufficienti per raggiungere l'Isola, ma sono decenni che, nonostante voli low cost e navi sempre più grandi e numerose abbiano aumentato di molto il traffico passeggeri da e verso l'Isola, i trasporti interni sono pochi e insufficienti.

Non bastano navi e aerei che arrivano, è necessario pianificare la logistica precisamente e uscire dall'ottica che chi non ha un'auto o non si muove in auto è un barbone o un cittadino di serie B. In Europa e nel mondo è possibile e persino auspicato muoversi anche senza un’auto; ci sono servizi pubblici e privati pronti a trasportare passeggeri per tutte le tasche; e invece in Sardegna a me è parso che a nessuno interessasse minimamente della mia sorte come turista o come viaggiatore. Devo solo ringraziare la mia testardaggine e Google Maps - sempre sia lodata - se sono riuscita ad arrivare a destinazione in sei ore di via crucis.

Reclamo per me, per i sardi, per i viaggiatori e i turisti che prendono navi e aerei costosissimi, il diritto a una continuazione del viaggio sull’Isola degna di un Paese civile e moderno.

Amministratori assessori, politici: mettetevi una mano sulla coscienza, viaggiate, documentatevi, fate il necessario, per voi e per i vostri cittadini. Il mondo va tutto in un’altra direzione.

All’anno prossimo, nonostante tutto!».

Cristina Madeddu

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