“Cara Unione,

una settimana fa è morto Antonio Fara, caro amico e tra i fondatori del Movimento Omosessuale Sardo nel lontano 1992.

Nel più profondo dolore apprendiamo che non è una morte accidentale ma un omicidio commesso, probabilmente, da un senzatetto che Antonio aveva trovato su una panchina dei giardini pubblici e a cui aveva dato alloggio.

Una notizia sconvolgente che ci ha spinto a collaborare a stretto contatto con i carabinieri impegnati nella sua cattura. Nei giorni successivi abbiamo indagato per capire quale fosse la motivazione di tale gesto e, soprattutto, chi fosse il presunto colpevole. Un ragazzo molto conosciuto in città, visto che da anni vagabondava tra dormitori, b&b, ospitalità improvvisate e panchine dei giardini pubblici. Di sicuro noto alle forze dell'ordine.

L'esito dell'autopsia di ieri è stato devastante, una morte lunga e sofferta che Antonio proprio non meritava. Lui che ha militato tutta una vita nel MOS, che ha collaborato alla costruzione del Borderline, spazio di libertà, incontro e contaminazione che attraversava classi, generi, orientamenti, colori della pelle e percorsi di vita, luogo di produzione artistica e culturale e, soprattutto, di progresso sociale. Lui che ha partecipato a tante battaglie contro la violenza sulle donne, il razzismo, l'omobitransfobia e qualsiasi forma di discriminazione e si è sempre speso, anche in prima persona, per aiutare le e i bisognosi.

Rabbia e sgomento si alternano al dolore della perdita e il bisogno di giustizia diventa sempre più forte. Giustizia a 360° che non si limiti a punire l'autore, che dovrà rispondere di tanta ferocia, ma che ricerchi anche le responsabilità di chi lo ha abbandonato solo, per strada, con i suoi disturbi e le sue dipendenze, libero di scatenare tuttala sua rabbia violenta contro persone la cui unica colpa è stata averlo incrociato o, persino, aiutato.

E' davvero questo il sistema di assistenza sociale e psichiatrica di questa città? Chi doveva allertare la magistratura mentre lo condannava? Quali sono le strutture che possono/devono ospitare pazienti psichiatrici che non possono essere lasciati sulle spalle di famiglie disperate? Quanti altri morti dovremo contare prima che qualcuno, all'ATS o all'AOU si accorga della totale inefficienza del nostro sistema sanitario?

Domande a cui cercheremo di dare risposta nei prossimi giorni perché, oggi, è il giorno dell'addio e vogliamo ricordare Antonio per il suo impegno trentennale verso i più deboli, perché questo sia l'insegnamento che lascia a noi e alle tante e ai tanti sconvolti e arrabbiati per la sua morte, con uno slogan che a lui piacque molto ‘restiamo umani’. Grazie Antonio”

Movimento Omosessuale Sardo

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