"Cara Unione,

fa piacere leggere dell'importante riorganizzazione in tema di oncologia e cure ai malati oncologici cui la sanità sarda intende dare seguito dopo le vicissitudini dei malati costretti ad attendere anche dieci ore per le necessarie terapie 'salvavita' al Businco.

Tuttavia, credo che il problema debba essere oggi considerato in un'ottica più ampia, e che ponga i pazienti al centro di una 'rete' oncologica efficiente non solo a Cagliari o Sassari ma sull'intero territorio sardo, e che consideri i malati anzitutto come persone bisognose di un supporto non solo strettamente 'sanitario', ma anzitutto psicologico.

Un malato di tumore, oggi e nonostante gli incredibili progressi della medicina, si trova dopo la diagnosi a sprofondare in un baratro dove la malattia viene identificata quasi come una 'condanna' a morte, e nonostante ciò non riceve mai, in questo senso, un supporto concreto e adeguato.

Il tumore ha un impatto devastante non solo sul paziente, ma anche sul rapporto di coppia (per il partner di un membro malato), sui figli (quando un genitore è malato), e sull'intera famiglia (ad esempio nei casi di neoplasia infantile o quando un membro della famiglia si ammala), portando spesso a comportamenti depressivi che talvolta seguono anche l'eventuale decesso e di cui nessuno, fino ad oggi, pare volersi a fondo occupare.

L'auspicio, dunque, è che nell'ottica di un'importante riorganizzazione del settore si possa anche riconsiderare questo aspetto. Perché un trattamento psicologico permette al paziente e ai suoi familiari di acquisire gli strumenti necessari per gestire il disagio indotto dalla malattia, ridurre le sintomatologie ansioso-depressive e, addirittura e non sottovalutiamolo, porta talvolta a un miglioramento nella risposta alle cure".

Massimo Loi - Cagliari

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