Pubblichiamo oggi l'accorato appello di una lettrice, costretta dalla burocrazia a lasciare la casa in cui ha vissuto negli ultimi anni. Una vicenda che seppur formalmente non faccia una piega porta a riflettere sull'opportunità, talvolta, di usare il buon senso, e forse anche il buon cuore.

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"Cara Unione,

voglio portare all'attenzione dell'opinione pubblica, ma sopratuttto di quei funzionari comunali che ieri mattina mi hanno sbatutto in faccia un'amara realtà, "Lei da oggi è abusiva", la triste situazione in cui mi trovo.

La vicenda è questa: per anni ho assistito un'anziana signora nel suo appartamento, in un edificio popolare nel quartiere San Michele a Cagliari, fino a quando 4 anni fa la donna, ormai 92enne e in cattive condizioni di salute, è andata a stare dalla figlia. Sono stata autorizzata a continuare a vivere lì, rimborsando tutte le bollette - intestate alla signora - e pagando l'affitto in modo diretto, tramite bollettini di conto corrente postale. Conservo le ricevute e posso dimostrarlo.

Nel frattempo, con un figlio di 12 anni, uno di 8 e uno in arrivo, vado in Comune a chiedere la residenza. Fanno tutti i controlli e mi rispondono che non posso prendere la residenza in una casa non mia. Ovviamente insisto, torno più e più volte per far presente la mia situazione di madre in difficoltà, con un compagno che guadagna 300 euro al mese, ma che è disposta a continuare a pagare l'affitto pur di avere un tetto sopra la testa.

Ieri la doccia gelata: hanno staccato tutte le utenze e ora siamo senza acqua, né luce, né gas. Mi sono precipitata in Comune e il solito funzionario mi ha detto che non ho alcun diritto di reclamare alcunché, che quella casa è da rimettere a disposizione di chi è in graduatoria e io - che ho inziato a fare domanda da quando avevo 19 anni - sono ben lontana dal punteggio necessario per averne una.

Magari non ne ho diritto secondo la legge, e infatti non ho occupato abusivamente come fanno in tanti, ma mi chiedo se secondo un comune senso di umanità che dovremmo avere tutti, non ne abbia diritto anch'io.

E mi chiedo ancora: a chi verrà assegnato questo appartamento quando mi butteranno fuori per strada con i miei bambini? Che giustizia è questa?".

Lettera firmata* (Cagliari)

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