Riceviamo e pubblichiamo una lettera di sfogo di una studentessa che frequenta l’Università di Cagliari, scritta all’indomani del crollo della palazzina della Facoltà di Lingue, che solo per un caso fortuito, al momento del cedimento, non ospitava alunni. Una strage sfiorata che ha destato molto scalpore, reazioni e anche polemiche.

"Cara Unione,
sono un'alunna dell'Università degli Studi di Cagliari e vorrei raccontarvi lo schifo e la rabbia che provo in questo momento.
Dal 2020 ci è stata tolta la possibilità di condurre una vita scolastica degna di permetterci un buon rendimento oppure una buona stabilità, ed ora che abbiamo riniziato a vivere finalmente la vita da studenti universitari, come ci dovrebbe essere concesso, il crollo dell'edificio ci sta riportando al punto di partenza.
Tuttavia la rabbia che provo non deriva solo da questo, perché non è solo questo che uno studente universitario deve vivere ogni giorno. Ci dicono che a vent'anni noi studenti non abbiamo voglia di fare nulla, che ci lamentiamo di qualunque cosa e che alla nostra età gli adulti facevano di tutto e di più. Eppure nessuno si permette di prendere in considerazione i molti studenti universitari lavoratori, che cercano in tutti i modi di convergere la partecipazione alle lezioni ed il lavoro, senza che l'università dia loro un aiuto. Eppure nessuno ci ascolta quando spieghiamo che la situazione a cui siamo sottoposti è stressante e fortemente pericolosa, ma anzi viene considerata come "una cosa da poco".
La situazione a cui siamo sottoposti ogni giorno è una situazione pesante: aule decadenti; tasse che vengono pagate a questo punto per nulla se neanche gli edifici sono accessibili per studiare; benefici, come quello relativo alla mensa, che spesso trovano incongruenze e che risultano inutili, tanto che molti studenti non possono usufruirne.
E la dad, purtroppo, non è la soluzione seppure è da molti considerata tale. Voi riuscireste a stare ore ed ore davanti ad un computer per ascoltare una lezione, con tutte le problematiche che possono esserci (mancanza di luce, mancanza di rete, computer o tablet non funzionanti e quant'altro)?
Gli studenti non si accontentano di una borsa di tela o di una borraccia con lo stemma dell'Università. Gli studenti non si accontentano di una maglietta colorata. Gli studenti non si accontentano, perché noi ci meritiamo molto di più. Siamo cresciuti con la paura e l'ansia che il mondo un giorno sarà nostro, che dobbiamo cercare di non rovinarlo. Eppure nessuno si è preoccupato di darci qualcosa per cui lottare davvero.
Io sono una studentessa universitaria, e come tutti i miei colleghi, e tutti i ragazzi e le ragazze di tutte le scuole di qualsiasi grado di tutta Italia, siamo il futuro di un mondo che nessuno ha curato e che avrebbe bisogno di una magia per essere sistemato.
Ciò che è successo ieri notte poteva succedere qualche ora prima, quando io ed altri colleghi, inclusi professori, collaboratori scolastici e guardie, facevamo lezione e studiavamo per il nostro futuro.
Mi dispiace, ma non mi bastano le parole del Sindaco secondo cui "Grazie al Signore non c'erano alunni", perché non dobbiamo attendere che il Signore ci faccia la grazia ma dobbiamo sin da subito essere sicuri di cosa ci stiamo interfacciando. E non mi bastano le parole del Rettore universitario che sostiene di aiutare gli studenti, ma che non si è mai realmente interfacciato con loro e non ha mai provato a comprendere quali sono le nostre vere problematiche.
Mi dispiace, ma io ho deciso di non accontentarmi più”.
Un'alunna tra le tante dell'Università di Cagliari*

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