C erti accadimenti restituiscono il sapore di vivere in un pianeta ancora a misura d’uomo. Ad esempio, accade quando a un collega che scrive le ultime righe di un articolo va “in palla” il computer: finché l’informatico non glielo recupera (sempre), sfodera un vocabolario certo non generato dall’intelligenza artificiale. È come ritrovare un senso di umanità che si credeva perduto.

C’è però un limite a tutto. Vendono un aggeggio elettronico per pagare il pedaggio in autostrada senza fermarsi al casello. Esiste da tempo, ma si versava un canone annuale, invece per quello nuovo si paga solo nei giorni in cui lo si usa. L’ideale per un sardo, che le autostrade non le ha e, in viaggio, è condannato a fare la coda al casello.

C’è una difficoltà: l’aggeggio si collega via bluetooth allo smartphone. Embè, che problema c’è? Uno enorme: tenti e ritenti, ma niente. Nuovo sfoggio di vocabolario con gli ultimi documenti in volgare, poi la chiamata al centro di assistenza: «Operatrice 26 desideraaaa?». Ti fa rifare la procedura e, quando tutto si blocca, flauta: «Ora scuota il dispositivo». Cosa? «Lo scuota». Nevrastenico, obbedisci. Lo smartphone fa beep, sullo schermo c’è “dispositivo collegato”: «Lieta di averla aiutata, arrivederci».

Ne conseguono due verità: l’intelligenza artificiale non ha ancora vinto. E quel call center lo dirige un esorcista.

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