Oggi c hi vuole farsi un’idea di chi avvelena la percezione della realtà non ha per forza bisogno di ascoltare Trump che accusa assurdamente Obama di brogli, o la youtuber convinta che Brigitte Macron sia un uomo. Basta contare quelli che sui social si indignano per il silenzio dei giornali su Gaza. Ne avessero sfogliato uno, anche in un bar, saprebbero che sui giornali si parla tutti i giorni di Gaza. Tutti i giorni. Non solo sull’Unione e non solo oggi. Poi, certo, parlare di “giornali” è generico, è come parlare di “politici” come se Bonino equivalesse a Salvini. Ma sulla grande maggioranza dei giornali se ne parla, altroché, e con il tono e il lessico di chi racconta una bestemmia quotidiana contro l’umanità.

Però è vera una cosa. Questo sterminio è così atroce che a volte chi lavora nei giornali si sente in imbarazzo a parlare anche di altro. Di dermatite bovina, di continuità territoriale, di alberi di viale Merello. Tutte cose, intendiamoci, che riguardano esistenze e quotidianità e che vanno doverosamente raccontate. Ma nella Striscia ormai è tutto così satanico che in effetti, quando hai impaginato l’ultima strage e passi ad altro, a volte ti rintocca dentro il Brecht di “A coloro che verranno” quando scrive: “Quali tempi sono questi, quando / discorrere d’alberi è quasi un delitto, / perché su troppe stragi comporta silenzio!”

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