Oggi su Ricette sarde parliamo di un formaggio tipico sardo che riscuote tutt’ora molto successo nella nostra isola per il suo inconfondibile sapore: su Casizolu del Montiferru.

Per parlarcene abbiamo contattato Giampaolo Piu, titolare dell’omonima azienda agricola di Santu Lussurgiu e grande conoscitore di questa specialità casearia.

PREPARAZIONE

«Il Casizolu proviene da un latte vaccino. Viene lavorato a crudo, cioè, viene portato a temperatura di mammella, 37º, non oltre, per cagliarlo. Per cagliare c’è bisogno del caglio, si usa caglio di vitello. In seguito, si lascia acidificare e si passa alla filatura. È un processo semplicissimo: si fa la cagliata, la si scalda a 37º, dopodiché si aggiunge il caglio e lo si lascia fermare per 45’. A questo punto il latte ha preso forma, ha cagliato, si rompe la cagliata e questa ha bisogno di circa otto ore per acidificare. Poi si passa alla filatura che viene fatta su un fornello con un paiolo di rame e si ottiene il casizolu, che viene passato in salamoia, in base alla grandezza occorrono circa tre ore per ogni chilo». 

INGREDIENTI

«Caglio, se si vuole accelerare l’acidificazione si può utilizzare il siero innesto, che non è altro che un goccio di siero: diciamo un quarto di litro ogni 100 litri della lavorazione precedente che, come tutte le lavorazioni, ha prodotto il siero. La filatura avviene se la pasta che abbiamo cagliato ha un PH tra il 5,8 e massimo il 6,2. Altrimenti la pasta non fila».

Su Casizolu
Su Casizolu
Su Casizolu

GLI STRUMENTI

«Per scaldare il latte si usa un recipiente grande a seconda della quantità del latte. Mentre per scaldarlo mantenendo sempre lo stesso siero di lavorazione si utilizza un paiolo in rame da 15 litri. Un mestolino in legno e poi un contenitore in terracotta, in dialetto detto tovania».

CONSIGLI UTILI

«Per fare un buon formaggio bisogna mischiare il latte della mattina con quello della sera, che tende ad essere più grasso. Lo si mette a scaldare senza fargli superare i 37° se si vuole fare un formaggio a latte crudo, altrimenti si fa un semicotto che arriva a 45° o un cotto che arriva a 55°. Noi lo lavoriamo a crudo. Poi si aggiunge il caglio, si lascia fermare, si rompe la cagliata per fare depositare il siero, si tira fuori la pasta e la si lascia acidificare per il tempo necessario, tra le 6 e le 8 ore. Si passa quindi alla filatura per la quale serve una manualità che può essere insegnata solo vedendola di persona e imparata con l’esperienza. Sono capacità che si acquisiscono con il tempo».

© Riproduzione riservata