Oggi su Ricette sarde, conosciamo meglio i Gathulis, ricetta tipica di una zona interna della Sardegna molto ricca dal punto vista culinario, l’Ogliastra.

Per parlarne abbiamo contattato Maria Giuseppina Basoccu, titolare dell’agriturismo Menhir di Villagrande.

«I gathulis sono tipici ogliastrini, precisamente dei paesi di Talana, Villagrande e Arzana. In quest’ultimo comune, c’è una variante sulla ricetta e anche sul nome, li chiamano orrubiolus. E non usano uova intere ma solo il rosso d'uovo. Mentre a Villagrande e Talana si prepara la ricetta “povera”, che è molto antica».

INGREDIENTI. «Patate bollite insieme alla buccia, e sbucciate successivamente. Se si fanno cuocere senza la buccia, la patata assorbe l’acqua e non si ottengono gli stessi risultati, diventa impossibile lavorarli. La ricetta antica vuole che si utilizzi una percentuale di semola di grano duro, quella grossa, nessun tipo di farina e una percentuale di formaggio: nella ricetta antica si usava solo un formaggio chiamato fisciu, cioè il casu axedu stagionato.

2 kg di patate che vengono pesate dopo essere state sbucciate e schiacciate; 500 grammi di semola e 250 grammi di formaggio e sale all’occorrenza. Se il formaggio è molto salato, non c'è bisogno di sale, se invece il formaggio è fatto da poco e ancora non ha assorbito molto sale, ci vuole un’aggiunta di sale e tre uova intere, sia il tuorlo che l’albume».

PREPARAZIONE. «Non esiste una ricetta vera e propria, tradizionalmente venivano fatti ad occhio: dipende da quanto sono succose le patate, se sono ‘nuove’ c’è bisogno di più semola, mentre la ricetta più indicata è con le patate vecchie con cui si usa meno semola e i risultati sono migliori. Si lessano le patate: se sono nuove bastano venti minuti, se sono vecchie un’ora, poi si schiacciano, si mischiano insieme alla semola, al formaggio, alle uova e il sale. C’è la possibilità di dimezzare la dose del formaggio, usando metà fisciu e metà formaggio stagionato grattugiato, a discrezione di chi prepara il piatto. La ricetta originale prevede solo il fisciu, circa 250 grammi. Una volta che viene fatto l’impasto, non si lascia riposare altrimenti si annacqua, ma l’impasto si mette subito su una spianatoia di legno e poi si fanno dei piccoli cerchi, dello spessore di un dito, simili ai calamari. Una volta che si prepara il vassoio si friggono. L’olio non deve essere né troppo caldo né troppo freddo. Appena si immergono nell’olio vanno a fondo: se l’olio è alla temperatura giusta, li porta subito a galla: si lasciano 1/2 minuti e poi si girano dall’altra parte. Dopo un paio di minuti sono pronti. Alcuni li consumano dopo averli immersi nello zucchero, come i fatti fritti.

È importante capire la temperatura dell’olio. Oggi si friggono nell’olio di semi perché è più leggero, ma un tempo si usava o l’olio EVO, o l’olio di lentischio, o lo strutto. Sono buonissimi sia con lo strutto che con l’olio extravergine d’oliva e sono anche molto sani. Invece con l’olio di lentischio il gusto è un po’ più forte. Ma è anche un olio curativo, con proprietà superiori all’olio d’oliva. Infatti, è anche un olio raro. Mentre con l’olio di semi sono ugualmente buoni e più leggeri. L’olio di lentischio, pianta che fa parte della macchia mediterranea e si trovava in abbondanza in Ogliastra, veniva raccolto e macinato a freddo: quest’olio aveva anche altri utilizzi, come quello antinfiammatorio, antidolorifico: veniva usato come medicina, lo si applicava sulle ferite».

CONSIGLI UTILI. «Se le patate sono molto vecchie e hanno un leggero gusto amaro, è meglio aggiungere 1/2 cucchiai di zucchero nell’impasto. È meglio impastarli in ambienti non troppo caldi e in giornate non piovose o umide, perché altrimenti l’impasto si inumidisce e si attacca alle mani e alla spianatoia. Si dovrebbero lavorare con le patate fredde: quindi dopo aver bollito le patate, bisogna lasciarle sfreddare completamente, schiacciarle e poi mischiare gli ingredienti».

VARIANTI. «Nella preparazione eseguita ad Arzana, invece di usare uova intere, veniva messo solo il tuorlo e invece che tre uova, mettevano 6/7 tuorli per inumidire e legare il prodotto, altrimenti non si riusciva a ottenere i rotolini».

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