"Non mi do pace per quell'intercettazione in cui parlo di Giovanni Falcone. Era un contesto particolare, non mi fa dormire, e ora sono a disposizione per arrivare alla verità. Quello non è il mio pensiero".

Dopo tanto tempo Fabrizio Miccoli torna a parlare, nel corso di un'intervista a Sportitalia, delle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto e lo fa per scusarsi delle parole pronunciate nel 2013 al telefono con Mauro Lauricella, in una conversazione finita nel mirino della magistratura nell'ambito di un'inchiesta per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L'ex numero dieci rosanero, in quell'occasione, aveva definito il magistrato italiano (simbolo della lotta alla mafia e vittima assieme alla moglie e alla scorta della cosiddetta Strage di Capaci del 23 maggio 1992) "un pezzo di fango".

"All'epoca dei fatti ho provato a scusarmi con la famiglia - prosegue Miccoli ai microfoni di Sportitalia -, ma non c'è stata l'occasione di confrontarmi. A distanza di tempo vorrei incontrare la Maria Falcone (sorella di Giovanni) per dirle che non pensavo affatto quello che ho detto".

Infine, sulla cittadinanza onoraria di Corleone, l'ex bomber commenta: "L'ho avuta perché tramite lo sponsor del club andavano ogni giovedì mattina a parlare nell scuole elementari. Un giorno promisi che avrei segnato contro la Juventus e riuscimmo addirittura a vincere a Torino con un mio gol. Mi hanno accolto come un re e da lì è nato tutto. Poi me l'hanno levata per il caos mediatico che si è creato attorno a me".

Al termine delle indagini che lo hanno travolto, Miccoli è stato processato con rito abbreviato e condannato nel 2017 a tre anni e sei mesi di reclusione.

(Unioneonline/M)
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