«La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella sua noiosa normalità», disse il Cappellaio Matto.

Trentacinque copie di "Alice nel Paese delle Meraviglie" una sull'altra e in ordine sparso per casa editrice e anno di pubblicazione stanno tra l'appartamento e l'ufficio di Alessandro Michele. Così come trecentosessanta paia di scarpe; la collezione di carlini in porcellana di Messein; un bomber blu pallido con fodera paisley su cui è ricamato il suo soprannome. A scuola lo chiamavano Lallo. «Da piccolo ero diverso dagli altri, spiccatamente diverso, ma ho sempre sentito la necessità di esserlo e difenderlo». E a dieci anni si decolorò i capelli.

Alessandro Michele è il direttore creativo di Gucci. Per chi non sa di moda, è l'uomo che ha vestito Achille Lauro al Festival di Sanremo. L'uomo della canottiera, della tutina, della gorgiera. Toro Scatenato a New York, San Francesco al Tempio di Minerva, Elisabetta I a Canterbury. «È stato come mettere una bomba al Teatro Ariston».

Ma alla guida di Gucci c'è dal 2015. Sotto Tom Ford, sotto Alessandra Facchinetti, sotto Frida Giannini. Uomo azienda prestato pure, nel 2014, a disegnare le porcellane di Richard Ginori: il marchio, l'anno prima, passò a Gucci per tredici milioni di euro. Poi, la direzione. Inaspettata, non richiesta, certo sognata. E raggiunta con la fatica di chi non smette, mai, di studiare. Alessandro Michele ha portato Gucci, nel 2018, a 8,28 miliardi di euro, con un incremento del 33,4 per cento (+ 36,9 per cento su base comparabile, segnala l'azienda), e un risultato operativo corrente - i guadagni lordi - di 3,3 miliardi (+ 54 per cento). Nel 2019 un + 19,8 per cento pari a 4,6 miliardi. Per chi non sa di moda, la moda è anche questo, una delle più grandi macchine da soldi del mondo che dà lavoro a milioni di persone. E nessuno, oggi, è bravo come Alessandro Michele.

Micky Mouse e la Basilica di San Clemente a Roma, il fucsia, l'arancione, l'azzurro, il barocco e il punk, la prima volta a Londra, da ragazzino, a Camden Market. Il padre Vincenzo e i bastoni di legno che intagliava il padre Vincenzo. Era un tecnico di Alitalia. Aveva i capelli lunghi e passeggiava per chiese e gallerie. Luigi XIV, Oscar Wilde, Andy Warhol. Il Rinascimento e il caos. Il giardino dell'alchimista. Una camera operatoria per cyborg. Biancaneve è morta. Il rosa, il giallo, il verde. Ti bacio a Selinunte. Un serpente, un maiale, un'ape. Una catena e un pizzo. Il marmo, il cristallo, un rossetto rosso. Su di lei, su di lui, su, chissà. Senza genere ma senza disordine. «La bellezza rimane l'espressione più incisiva del piacere che provo nei confronti della multiformità delle cose».

Forse, davanti alla tutina di Achille Lauro, avete sorriso. Ma siete già nel Paese delle Meraviglie e non ve ne siete accorti.
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