Claudio Orazi, classe 1959, è uno dei più esperti manager culturali italiani e da due anni e mezzo segue la più importante macchina culturale della Sardegna, il Teatro Lirico di Cagliari, una delle eccellenze dell’'Isola che promuove cultura, musica e spettacolo in tutto il territorio regionale con significativi progetti di internazionalizzazione e di coproduzione anche nella Penisola e all’estero.

Fondato con una legge regionale del 1973, oggi il teatro cagliaritano è una fondazione di diritto privato e fa parte di quel ristretto novero di istituzioni, al pari del Teatro alla Scala di Milano e del Teatro dell’Opera di Roma solo per fare due esempi, che sono deputate a tenere desta la tradizione del melodramma nel pubblico, con particolare attenzione alla diffusione della musica lirica e sinfonica tra i giovani.

Lei è sovrintendente dalla fine del 2015. Siamo prossimi alla metà del suo mandato la cui durata è stata ampliata dalla nuova legge in 5 anni. Qual è il bilancio di queste due stagioni già realizzate?

Il bilancio di una azienda come il Teatro Lirico, ma vale per tutte le altre fondazioni gemelle, va letto decifrando le matrici sottese che esprimono "valori" molto spesso non quantificabili con i numeri.

Le posso quindi dire che dopo circa 30 mesi del mio mandato non posso che essere soddisfatto e gratificato. Non solo per gli utili di bilancio che rappresentano l'efficienza del Teatro e la sua salute economico-finanziaria ma soprattutto per l'efficacia sociale che è il valore che un'azienda pubblica deve aumentare e consolidare.

I numeri ci danno ragione ma i numeri dell'efficacia vanno almeno triplicati se consideriamo i valori sui quali i consumi culturali in generale, musica e teatro in particolare, vanno a incidere e nei luoghi apparentemente meno adatti ma per assurdo più consoni.

Quando penso che in due anni il Teatro Lirico ha raddoppiato la sua presenza nelle scuole, nelle piazze, persino accanto alle persone meno fortunate, ha accolto studenti di ogni ordine e grado, ha perseguito importanti politiche di radicamento sul territorio, ha dialogato con istituzioni e associazioni locali, penso che questo era quello sul quale mi ero impegnato di fronte al Consiglio d'Indirizzo e su questo ho lavorato a testa bassa cercando di superare tutte le criticità in cui ho trovato questo teatro e che erano sotto gli occhi di tutti.

Il progetto di internazionalizzazione del teatro è stata forse una delle più importanti novità della sua gestione. Che esperienza è stata per la vita del Lirico?

L'internazionalizzazione è un parametro espressamente richiesto dalla legge: la mia gestione è andata anche oltre le intenzioni legislative perché ha voluto anche intessere rapporti culturali di ampio respiro che potessero integrare l'interpretazione degli obiettivi della nostra Carta Costituzionale che sottolinea come il primato del valore della cultura debba essere fonte di ispirazione per l'economia e la sua promozione e tutela una vera e propria missione.

In questa direzione ho trovato il pieno appoggio da parte del Presidente della Regione Sardegna che, proprio in occasione di un concerto a Fonni, ebbe a ribadire questo concetto importantissimo: il Teatro Lirico può essere preso ad esempio come modello di industria culturale.

La mia gestione è partita da quella visione: tanto più si compie il radicamento sul territorio tanto più potremo esportare all'estero quella immagine industriale di cultura italiana che oggi ha ancora un primato. Così è stato per La campana sommersa a New York, così per L'Ape Musicale di Da Ponte che, dopo aver volato a Cagliari e a Barumini, andrà alla Columbia University che ci ha formalmente invitati, così per il Teuzzone di Vivaldi e la Turandot di Busoni, che ci permettono di instaurare contatti con la Cina e le sue Università.

Tutto questo è stato concretamente attuato, promosso e finanziato dalla RAS nell'ambito del Progetto "Rifunzionalizzazione del Parco della Musica e del Teatro Lirico di Cagliari - Internazionalizzazione e innovazione delle produzioni anche per la valorizzazione turistico-culturale degli attrattori territoriali".

Uno dei tasselli del Piano d’Azione Coesione "Progetti strategici di rilevanza regionale" che valorizza le priorità del POR FESR nell’ambito della Programmazione Unitaria 2014-2020, realizzato e promosso in collaborazione con l’Unione Europea, il Governo Italiano e la Regione Sardegna.

Di tutto questo voglio ringraziare il Vice Presidente Paci che ha sostenuto il progetto, che prevede, tra l'altro, la rifunzionalizzazione del Parco della Musica, con l'apertura del piccolo Teatro e dei nuovi laboratori.

Sono tante le sinergie instaurate in questi anni per promuovere l’azione del Teatro in Sardegna e oltre i confini dell’isola. Ha importato un modello che aveva sperimentato nelle sue precedenti esperienze all’Arena di Verona, allo Sferisterio di Macerata e al Verdi di Trieste?

Ognuno di noi è la propria storia: le mie esperienze precedenti sono state molto importanti seppur diverse perché del Teatro Lirico di Trieste ad esempio sono stato prima Commissario e poi Sovrintendente, curando il primo piano di risanamento sotto i dettami della Legge Bray.

Sferisterio e Arena di Verona sono state delle vere e proprie gallerie del vento di respiro internazionale.

La traviata degli specchi di Svoboda del ‘92 ha girato i palcoscenici di tutto il mondo e quest'anno, dopo 26 anni, verrà allestito di nuovo per il festival di Macerata.

Leggo con piacere che l'Arena di Verona ha avuto un grande successo in Oman con La sonnambula del 2007, anno della mia gestione e spettacolo da me voluto insieme alla Anna Bolena di Graham Vick il celebre regista che feci debuttare nel 2004 in Arena.

Oggi Graham inaugura i grandi teatri italiani, da Roma a Bologna, ma farlo debuttare a Verona allora significava consapevolezza di una visione futura e capacità di considerare quella visione un investimento. I fatti non mi hanno smentito.

Che idea si è fatto del pubblico di Cagliari e sardo in generale?

Un pubblico meraviglioso, preparato ma non chiuso e incline ad abbracciare il Teatro anche nelle iniziative collaterali alla stagione.

Come colloca Cagliari nel contesto delle Fondazioni Liriche italiane?

La partecipazione e il calore del pubblico fanno la vera differenza: sotto questo punto di vista il Teatro Lirico di Cagliari ha dei numeri che non temono rivali e l'aumento della produttività, la trasparenza nella gestione dei costi e la qualità delle nostre produzioni ci ha visti premiati nella ripartizione del FUS 2017 permettendoci così di avere l'interesse degli altri alla co-produzione dei nostri spettacoli e ad un sempre maggior scambio.

La nuova stagione lirica sarà inaugurata domani. Qual è il taglio culturale scelto per stimolare gli appassionati ad abbonarsi?

Alla composizione di una Stagione compongono tanti fattori di sostenibilità artistica ed economica.

Credo che, nei limiti della politica di risanamento che ho intrapreso, la Stagione 2018 sia un bellissimo viaggio che parte dal 1700 con Vivaldi e finisce nel 1900 con Hindemith, nel mezzo abbiamo tutti i più grandi, Da Ponte, Rossini,Verdi, Bizet, Mascagni e Puccini senza dimenticare il Balletto de Lo Schiaccianoci di Cajkovskji.

I dati della biglietteria premiano questo viaggio perché abbiamo superato i numeri dello scorso anno ma la fiducia che il pubblico ha ritrovato nel "suo" Teatro, come dicevo all'inizio, non ha valore, o meglio, ha un valore incommensurabile.

L.P.
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