La macchina fotografica l'ha imbracciata nel 2008, quando ha seguito una troupe che girava un film sull'ultima miniera di carbone in Italia, la Carbosulcis, a Nuraxi Figus. Ma Emanuela Meloni, cagliaritana di 32 anni, aveva alle spalle studi di filosofia, con una laurea all'Università di Trento. E tra le due arti - la filosofia e la fotografia - "la distanza è breve, e spesso fatta di intrecci".

"Per me - spiega - è interessante esplorare cosa significhi immagine a livello metaforico, cercando di portare i pensieri nelle immagini, creando immagini che aprono a domande".

La sua tesi di laurea è stata sull'alterità, non umana ma animale. Di cosa si tratta?

"Ho approfondito l'attività di un filosofo francese che ha fatto studi sull'alterità, in particolare quella non umana. In sostanza: possiamo relazionarci a un paesaggio, una pietra, una foglia o a un albero, o all'atmosfera come se questi fossero un altro? Qualcuno che non parla la nostra lingua ma con cui possiamo entrare in relazione".

Che risposta si è data?

"Nessuna, la risposta è nel provarci".

Un tema ricorrente nei suoi lavori è il paesaggio, che ruolo ha?

"Lo vedo come una soglia, non si tratta di qualcosa che guardo perché io sono il soggetto e lui è il nostro oggetto. Non siamo di fronte al mondo, siamo nel mondo. Quindi non rappresentare il paesaggio ma incontrarlo".

Che strumenti e tecniche usa?

"Lavoro principalmente in analogico, ho una fotocamera di medio formato, da 6x6, che ha solo 12 scatti, ossia pellicole con un limite. Questo significa che prima di scattare bisogna pensarci bene. Ma da un limite nasce una possibilità, un invito a trovare il tempo per la contemplazione, per un'osservazione curata di luce, atmosfera, senza premere a caso. Ho usato il bianco e nero per il progetto sulla miniera, gli altri sono a colori. Uso anche il digitale e una piccola macchina tipo Polaroid. Poi mi piace mischiare alle foto la scrittura, la poetica, le filastrocche".

Dove esponendo in questi giorni?

"Sono due le mostre in corso, entrambe in Francia: 'Parola di pietra' che dura fino al 15 dicembre ed è all'interno della 23ème Rencontres Photographique di Lorient, in Bretagna, e "Prémices, fino al 7 dicembre, al Cloitre de l'abbaye de St. Maixent l'école, a Niort".

Un'opera della mostra "Parola di pietra" (foto Emanuela Meloni)
Un'opera della mostra "Parola di pietra" (foto Emanuela Meloni)
Un'opera della mostra "Parola di pietra" (foto Emanuela Meloni)

La prima riguarda la Sardegna?

"L'ossidiana in particolare, ho trascorso due anni a lavorare con quella del Monte Arci. È qualcosa di molto affascinante, un reperto archeologico o geologico può dire molto".

Tra smartphone e app ggi tutti si sentono un po' fotografi.

"Se ci sono comunque gli spazi in cui i professionisti riescono a esprimersi non c'è alcun problema, anzi è una cosa bella. Se invece vengo chiamata per fare un lavoro e non mi vogliono pagare, perché 'mio cugino lo fa gratis', allora c'è un problema. La fotografia è democratica, se in tanti sono bravi va bene. Ed è comunque sano che la qualità abbia alla fine un costo".

Meglio uno scatto naturale o perfetto?

"È molto soggettivo, io non faccio miracoli, anche se in camera oscura facevano cose surreali perché in effetti la fotografia è finzione e ognuno può giocare con questo, ma ricordiamoci che non è la realtà, solo una sua reinterpretazione, qualcosa di diverso dal mondo reale. Mi limito eventualmente a modificare i contrasti, faccio in modo che i colori siano ben equilibrati, ma questo non rendo lo scatto più 'vero'. Se poi iniziamo a cancellare oggetti e a sostituirli o a togliere la cellulite dalle gambe di una ragazza ritratta, allora bisogna chiedersi perché lo facciamo".

La Sardegna offre spunti interessanti?

"Non so se abbia qualcosa di unico per chiunque, per me di sicuro. Sono anche tornata a vivere nell'Isola, ma abbiamo una relazione 'travagliata'. Lì il discorso è sempre 'se vuoi, vieni a lavorare gratis'. Dopo tutto il percorso professionale che ho fatto?".

Quali sono i posti che la ispirano di più?

"Vado per esclusione: non amo i luoghi urbani, vado a cercare gli spazi meno antropizzati, anche se il nostro mondo lo è quasi totalmente e quei loghi che crediamo selvatici e incontaminati in realtà non lo sono. Forse la Sardegna in questo ha una vasta gamma di paesaggi, una varietà geologica e storica che è più difficile da trovare altrove. Qui tutto è condensato in una sola terra. Pianura, montagna, mare, e poi calcare, basalto, pietre varie".

Emanuela Meloni (foto inviata dall'intervistata)
Emanuela Meloni (foto inviata dall'intervistata)
Emanuela Meloni (foto inviata dall'intervistata)

E i posti più gettonati?

"Quelli turistici ormai si vedono ritratti ovunque. Pensi che c'è stato un fotografo che ha messo insieme un lavoro molto particolare: ha immortalato i turisti che a loro volta scattavano le foto ai monumenti: i templi, la torre di Pisa. Insomma c'era una nota di sarcasmo. Poi quando inizia l'estate cominciano i classici piedi con lo sfondo del mare...".

Le foto spesso "parlano", cosa dicono di lei?

"Sarebbe bello chiederlo a chi le guarda, io so cosa ci metto dentro: domande, difficoltà, meraviglia, bisogno di espressione, incontro. L'anima anche. Se si vede o no non lo so, ma mi piace molto accompagnare alcune immagini con le parole".

Ha esposto i suoi lavori in Sardegna?

"Mai. Vero è che non mi sono mai prodigata, nel senso che non sono andata a bussare alle porte".

Uno dei lavori sull'Asinara (foto Emanuela Meloni)
Uno dei lavori sull'Asinara (foto Emanuela Meloni)
Uno dei lavori sull'Asinara (foto Emanuela Meloni)

Si può vivere di sola arte in Italia o in Sardegna?

"Di fotografia artistica direi di no, è difficile anche in Francia. Lì spesso si fanno cose un po' diverse, per esempio fai le tue foto ma intanto offri un servizio alla comunità. Solo chi è di un ceto sociale elevato, oppure ha grande successo (ma chi?) può consacrare tutto il suo tempo all'arte. Ci sono poi quelli che hanno la fortuna di essere stati notati e sostenuti".

Quindi lei si occupa anche di altro.

"Mi sposto spesso in Francia, dove lavoro molto, in Italia scatto foto su commissione per eventi, anche matrimoni, sono occasioni in cui comunque si può esprimere la propria arte".

Ha mai pensato di realizzare un libro fotografico?

"Il progetto sull'ossidiana è proprio nato come idea per un libro, chissà. Devo trovare un editore interessato, prima però ho ancora qualche 'limatura' da fare, poi manderò il lavoro finito".

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)
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