Alla vigilia della prima campagna di vaccinazione anti-Covid, ormai imminente in Gran Bretagna, sono ancora tanti gli interrogativi aperti. E non tutti hanno una risposta univoca.

Ne ha parlato con l'Ansa Giuseppe Remuzzi, direttore dell'istituto farmacologico Mario Negri, mentre la rivista Nature ospita sul suo sito il parere di diversi esperti internazionali. Almeno dieci le questioni fondamentali.

Perché la Gran Bretagna è la prima a cominciare? - "Perché ha cominciato a giugno ad analizzare i dati sulle sperimentazioni, a partire dalla fase preclinica e dalla fase 1", spiega Remuzzi. "Il Paese ha messo talmente tante forze in campo da essere pronto, è stata un'attività di emergenza che ha gestito in autonomia per via della Brexit".

Che differenze sull'approvazione del vaccino in Usa e Ue? - La Food and Drug Administration (Fda), ente regolatorio Usa, "procede esaminando tutti i dati grezzi forniti dall'industria per validarli, vale a dire - spiega Remuzzi - esaminare migliaia di pagine di documenti. L'agenzia europea del farmaco, l'Ema fa invece riferimento all'analisi fatta dalle aziende: non guarda i dati grezzi, ma i rapporti dell'industria e, se non ci sono anomalie, basa la loro decisione su quei documenti".

La corsa all'autorizzazione significa saltare dei passaggi? - "Lavorare in 'emergenza - osserva Remuzzi - non significa saltare dei passaggi: si rispettano tutte le tappe, ma si fa più in fretta".

Perché la sperimentazione del vaccino è stata così veloce? - "Per due ragioni: da un lato - risponde Remuzzi - abbiamo tecnologie molto più avanzate rispetto a quelle di soli 20 anni fa, ai tempi del vaccino contro la Sars del 2003". Macchine, tecnologie, mappe genetiche virus sono i tanti progressi messi a disposizione della ricerca sul vaccino, con tanti finanziamenti da parte di istituzioni e associazioni filantropiche.

I vaccini avranno effetti collaterali? - Per la maggior parte i vaccini più avanzati nei test non mostrano particolari problemi, da febbre ad arrossamenti, fino a mal di testa e dolori muscolari: sono tutti effetti transitori.

Perché vaccinare gli anziani dopo medici e infermieri? - "Gli anziani sono la popolazione più fragile e da proteggere, nonché la più semplice da raggiungere. Va però considerato un recente studio condotto in India secondo il quale i giovani da 20 a 35 anni sono i maggiori responsabili dei contagi. Ci si potrebbe chiedere allora perché non cominciare a vaccinare i giovani". Gli scienziati possono fornire questi elementi, ma a decidere dovranno essere i politici.

Quanto dura l'immunità? - "Non lo sappiamo di sicuro. Possiamo far riferimento all'esperienza della Sars e pensiamo fra 6 e 12 mesi, con un richiamo dopo un anno", spiega Remuzzi.

Chi è guarito potrà evitare di vaccinarsi? - Dipende da chi è guarito da che cosa. "La risposta anticorpale è diversa in rapporto alla gravità della malattia. Chi l'ha avuta in forma grave ha di solito una maggior produzione di anticorpi e ha un'immunità che dura più a lungo Fare questa distinzione pone un problema organizzativo, la cosa più semplice è vaccinare tutti".

La vaccinazione previene la trasmissione della Covid-19? - "Nessuno lo ha dimostrato", osserva su Nature il virologo Stephen Griffin, dell'università britannica di Leeds. "Ciò lascia aperta la possibilità che chi è stato vaccinato sia suscettibile di un'infezione asintomatica". Lo ha detto anche Ilaria Capua che il vaccino protegge dalla malattia, non dall'infezione: dunque i vaccinati non svilupperanno sintomi ma potrebbero essere diffusori asintomatici del virus. Altri esperti la pensano diversamente.

Il virus può mutare vanificando l'azione del vaccino? - Al momento, osserva Griffin, il genoma del virus SarsCoV2 sembra abbastanza stabile. C'è tuttavia la possibilità, rileva, che una vaccinazione di massa possa esercitare una forte pressione selettiva capace di spingere il virus a mutare.

(Unioneonline/L)
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