Nei giorni scorsi abbiamo appreso con rabbia e non senza rinnovato stupore la notizia della mancata definizione, da parte del Ministero dei Trasporti, del nuovo bando sulla continuità territoriale marittima, come pure la notizia della mancata proroga del servizio alla compagnia Tirrenia, la quale, per tutta risposta, ha annunciato il blocco di taluni collegamenti in convenzione “da e per” la Sardegna a far data, sembrerebbe, dal 3 dicembre prossimo. A divulgare la notizia, qualche giorno fa, è stato proprio l’Assessore ai Trasporti Giorgio Todde. La Compagnia, dal canto suo, auspica che la concessione di ulteriori tre giorni per la definizione della questione sia un tempo sufficiente affinchè il ministero competente fornisca le dovute e sperate risposte sia alla società stessa sia ai territori interessati sebbene il Mit non sembri affatto intenzionato alla proroga da 42 milioni di euro. Siamo quindi punto e a capo. Per l’ennesima volta. E siamo pure stanchi di doverlo sempre stigmatizzare.

Fino a quando questa nostra Italietta di “saltimbanchi e menestrelli” si ostinerà nel voler persistere insipientemente nell’indifferenza, fino a quando vorrà continuare a nascondere la testa sotto la sabbia per non dover prendere atto che le problematiche del Popolo Sardo non concernono, né possono concernere, solo ed esclusivamente il Popolo Sardo ma debbono inerire, come di fatto ineriscono, invece, l’intera Comunità Nazionale ed Europea, allora, fino a quel preciso momento le varie criticità (comprese naturalmente quelle relative ai collegamenti “da e per” l’Isola) connesse alla circostanza di essere “Isolani ed Isolati” all’interno di un perimetro geografico che non riesce a rendere giustizia agli interessati anche solo nei termini strettissimi della conservazione del senso comune di “appartenenza” ad un unico Stato/Nazione, sono destinate a persistere ed a ripresentarsi periodicamente con sempre maggiore intensità. E che debba essere lo Stato a farsi carico della erogazione dei fondi e delle sovvenzioni necessarie per assicurare la continuità parrebbe, in ipotesi, non esservi dubbio alcuno anche perché il dato geografico la fa da padrone ed appare incontrovertibile.

Mi rendo conto che il momento è critico in ragione non soltanto della crisi pandemica ma anche delle recentissime alluvioni che hanno messo letteralmente in ginocchio le nostre Comunità. Mi rendo pure conto che trattare di questo specifico argomento proprio ora possa sembrare quasi fuori luogo. Ma la realtà, ad onor del vero, è un’altra ancora perché il problema dei “collegamenti” è risalente nel tempo e nel corso dei tanti anni trascorsi non si è mai provveduto a porvi rimedio in maniera definitiva. Ma guai a pensare che queste mie esternazioni siano solo il sintomo occasionale e schizofrenico più evidente della solita ed inflazionata cultura auto-commiserativa tipicamente sardista proiettata a fare dell’assistenzialismo il suo tradizionale trampolino: non è così e non è questo il punto. I “punti” sono ben altri e molto più complessi perché occorre interrogarsi seriamente sia sul futuro di quest’Isola che solo sulla “carta” sembra potersi considerare davvero italiana, sia sul diritto sacrosanto di questa stessa Isola a vedersi garantita costantemente la “connettività” col resto del territorio nazionale. Non si sta pretendendo la luna, e men che meno si pretende un atto di pietosa quanto nevrotica abnegazione dello Stato nei confronti dell’Isola, ma solo il puro e semplice riconoscimento, finalmente reale e paritario, del diritto alla mobilità di tutti i cittadini, Sardi innanzitutto compresi (considerata la nostra naturale collocazione geografica), previsto e regolato dall’articolo 16 della Costituzione, specie in considerazione della circostanza per cui la particolare posizione, sia pure felicemente strategica, della Sardegna nel Mediterraneo, caratterizzata dalla sua connaturale condizione di insularità, è stata per lunghissimi anni, e continua ad essere a tutt’oggi, un “facitore” di fortissimo ed inarrestabile contenimento dello sviluppo economico. Tanto più quando il problema dei trasporti ed in generale della mobilità in Sardegna non sia stato mai unicamente contenuto al solo dato extraterritoriale regionale, ma sia esteso e si estenda e sia intersecato e si intersechi, direttamente ed indirettamente, anche nei confronti delle comunicazioni tra le stesse aree portuali e quelle interne in relazione alle quali, all’evidenza, il sistema dei collegamenti terrestri, come spesse volte ho avuto modo di rilevare, appare gravemente carente oltre che gravemente incidente sul processo progressivo ed inesorabile di spopolamento delle zone interne. Pare davvero non esservi via d’uscita. E certamente, in un contesto siffatto, la soluzione non può neppure lontanamente rinvenirsi attraverso il conseguimento dell’inserimento in Costituzione del cosiddetto “principio di insularità” il quale, nella sua formulazione strettissima e generica non chiarisce neppure la finalità pratica dell’intrapresa iniziativa e/o le modalità concrete attraverso cui perseguirle.

Detto altrimenti, in buona sostanza, e come pure osservato da illustri studiosi, la pura e semplice “costituzionalizzazione” del principio, anche considerato in stretta seppure erronea corrispondenza alla problematica della continuità territoriale, e che pure si insiste pervicacemente nel voler conseguire siccome concepita alla stregua di una propaganda piuttosto sexy sul piano dell’acquisizione del consenso popolare inconsapevole, non vale, né può valere a garantirne l’efficacia degli effetti pratici laddove non ci si convinca ad uscire finalmente dalla logica mortifica e mortificante dei sussidi mascherati da interventi “compensativi”. La Sardegna, in armonia con il Governo Centrale, ha piuttosto bisogno di definire i termini precisi di una filosofia politica dei trasporti marittimi che si presenti come davvero audace e di lunghe vedute per il futuro prossimo se l’obiettivo di garantire la “mobilità delle persone” costituisce il reale interesse da perseguire. Soprattutto allorquando la si consideri, la predetta “mobilità” si intenda, in stretta correlazione ai fenomeni turistici i quali, all’evidenza, imprimono una incidenza notevole sull’economia isolana allo stato attuale ancor più compromessa a causa degli effetti devastanti di una pandemia che pare non volerci abbandonare. Purtroppo le politiche inerenti la annosa questione della continuità territoriale da e per la Sardegna sono state finora erroneamente condizionate e sopraffatte dagli egoismi e dalle relative indicazioni contraddittorie formulate da parte delle diverse giunte regionali susseguitesi nel corso degli anni. E questo appare inaccettabile giacchè discorrere in termini di trasporti, significa anzitutto discorrere nei termini essenziali di un bisogno vitale alla connettività che possa dirsi davvero comune e condivisa. Un bisogno che allo stato sembra essere negato al Popolo Sardo.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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