Stefano Bonaccini, 53 anni, candidato alle elezioni regionali in Emilia-Romagna, ha cominciato a respirare la politica quando era piccolo e la mamma lo portava alle feste dell'Unità.

Pochi anni dopo, appena ventenne, è sceso in campo nel suo comune, Campogalliano, in provincia di Modena, dove ha vissuto per tutta la vita. Prima con la Sinistra giovanile, poi con i Ds, e infine con il neonato Pd, nel 2007, quando diventa segretario in Emilia-Romagna.

Quando Vasco Errani, indagato (e poi assolto nell'inchieste "Terremerse"), si dimette, decide di correre alle primarie per le regionali. Era il 2014. E le vince, come vince pure le elezioni raccogliendo il 49% contro il 29,85% del leghista Alan Fabbri e il 13,3% della pentastellata Giulia Gibertoni.

Un successo, se non fosse che le urne registrano un'affluenza ai minimi storici: il 37%, una disaffezione completa in una regione come l'Emilia-Romagna.

Ha avuto le sue beghe giudiziarie: un'accusa di abuso d'ufficio quando era assessore ai Lavori pubblici del Comune di Modena, da cui poi è stato assolto. E un'altra per peculato, per le "spese pazze" dei gruppi del consiglio regionale emiliano-romagnoli. In quel caso la sua posizione è stata archiviata.

Oggi tenta di riconquistare la Regione per altri cinque anni, con un look completamente nuovo: occhiali a goccia, barba incolta, sotto la giacca la t-shirt bianca, al posto della camicia, a coprire le braccia palestrate.

Tutta la sua campagna elettorale è stata incentrata sui risultati del suo governo. Ha sempre respinto il taglio "nazionale" del voto, non ha mai sposato le strategie di Salvini ed è rimasto fedele alla sua linea.

La lotta l'ha combattuta casa per casa, città per città, con i temi più classici: lavoro, salute, istruzione, trasporti e investimenti.

(Unioneonline/D)
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