La preghiera islamica risuona tra i tappeti che coprono duemila metri quadrati di preziosi pavimenti in marmo, ammirati da quattro milioni di turisti l'anno. Le icone bizantine della Vergine e dell'Arcangelo Gabriele sono oscurate a ogni sguardo. E' la nuova veste di Santa Sofia, ex basilica cristiana, monumento simbolo di Istanbul, rimasto nel cuore di tanti visitatori sedotti dall'arte meravigliosa dei suoi mosaici. Dopo quasi 1500 anni di storia, questo capolavoro bizantino dedicato alla Divina Sapienza ha smesso di essere un museo e dal 24 luglio è diventato moschea per volontà del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Così Santa Sofia, patrimonio dell'umanità consacrato dal riconoscimento Unesco del 1985, diventa luogo e segno di forte impatto politico, quello della nuova Turchia musulmana che spazza via la repubblica laica voluta da Mustafa Kemal Ataturk, il presidente che nel 1934 la volle museo. Il complesso di culto cambia nome e gestione: ora che per decreto è Ayasofya, come era ai tempi dell'impero ottomano, viene posto sotto l'amministrazione della Diyanet, cioè l'autorità statale per gli Affari religiosi che si occupa delle moschee della Turchia e fa capo alla presidenza della Repubblica. Sul santuario cessa la competenza del ministero della Cultura che sovrintendeva all'amministrazione del museo.

La decisione di Erdogan è una svolta storica che suscita notevoli preoccupazioni soprattutto fuori dalla Turchia. Rappresenta uno strappo con l'Occidente cristiano. "La riapertura di Santa Sofia alla preghiera islamica era il nostro più grande sogno di gioventù. Per questo ne siamo ancora più felici", ha commentato il presidente diventato paladino dell'islam, tanto ambizioso da proporsi come sultano moderno. Non a caso al termine della prima preghiera dopo la riconversione in tempio musulmano Erdogan ha voluto omaggiare la tomba del sultano Mehemet II, conquistatore dell'impero bizantino, di cui si propone come erede. "Il processo relativo allo status di Santa Sofia è una questione di sovranità nazionale. Le critiche che giungono dall'estero non ci influenzano in alcun modo", ha sottolineato. Papa Francesco, che ha visitato Santa Sofia nel 2014, otto anni dopo averci messo piede il predecessore Benedetto XVI, ha detto di essere "molto addolorato". Parole misurate per evitare ogni strumentalizzazione. Bartolomeo, patriarca ortodosso di Costantinopoli, ha commentato così l'annuncio di Erdogan: "La conversione di Santa Sofia in moschea deluderebbe milioni di cristiani nel mondo. Consideriamo dannoso che nel XXI secolo diventi una causa di confronto e conflitto".

Messaggi che mirano a evitare comunque la contrapposizione tra cristianesimo e islam sfilando il caso Santa Sofia dallo scontro tra religioni. La questione, per gli osservatori, è soprattutto politica, condizionata dall'esigenza del presidente turco di accaparrarsi consensi esibendo la riconquista all'islam dell'ex basilica. Una scelta che non tutto il mondo islamico condivide: Arabia Saudita ed Egitto sono stati critici.

Santa Sofia ha una storia millenaria e travagliata. Sei anni di lavori per realizzarla sulle ceneri della basilica voluta da Teodosio II, incendiata durante la rivolta di Nika in cui vennero massacrate 30 mila persone. L'inaugurazione il 26 dicembre 537 con l'imperatore Giustiniano. L'opera è una meraviglia imponente, piena di marmi giunti da ogni parte dell'impero: bianco da Marmara, verde dalla Tessaglia e dall'isola di Eubea, rosa dalle cave di synnada e giallo dall'Africa. Le colonne furono fatte arrivare da Atene e dall'Egitto, senza considerare i cumuli d'oro raccolti perché necessari a impreziosire gli interni. Diecimila gli operai al lavoro per realizzare questo complesso ispirato al Pantheon romano e concepito da due architetti greci: Isidoro di Mileto, capo dell'Accademia platonica di Atene, e Antemio di Tralle, matematico e fisico. La cupola centrale, tra le più ampie del mondo, è un gioiello di luce, con 40 finestre ad arco che ornano la grande sala di preghiera. Un edificio maestoso che lascia tutti di stucco, dai conquistatori del passato ai turisti di oggi.

Santa Sofia è chiesa madre della cristianità bizantina. Nel 1054 è testimone dello scisma tra l'Oriente ortodosso e l'Occidente cattolico. Diventa sede del Patriarcato di Costantinopoli. Tra il 1204 e il 1261 la conquista dei crociati porta alla conversione in cattedrale cattolica di rito romano.

La chiesa cambia volto con la conquista degli Ottomani nel 1453. Diventa moschea per volontà di Mehemet II. Allora sui mosaici, incompatibili con l'iconofobia islamica, viene steso un manto di calce. Intanto, si provvede alla costruzione di quattro minareti e alla realizzazione delle fontane. Ma l'architettura diventa fonte di ispirazione per altre moschee che verranno costruite successivamente. Nel tempo diventano visibili quattro pannelli circolari in pelle di cammello. Vengono sistemati nell'Ottocento: in lettere d'oro riportano i nomi dei primi quattro califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman e Ali). Stanno in bella vista anche i medaglioni dedicati ad Allah, al profeta Maometto e ai suoi nipoti, Hassan e Hussein.

Un'altra svolta storica si compie nel 1934 quando Ataturk, nel nome del nazionalismo laico turco, trasforma la moschea in museo. Dopo secoli, tolti i tappeti, riappaiono le decorazioni del pavimento di marmo. E i mosaici coperti vengono liberati dell'intonaco bianco che li teneva nascosti agli occhi del mondo. Santa Sofia smette allora di essere un luogo di culto, anzi ne viene proibito l'uso religioso. Con la sua bellezza conquista milioni di turisti: chi visita Istanbul non può ignorare il complesso di Sultanahmet, il più visitato della Turchia.

Ora si cambia ancora. Il Consiglio di Stato, la più alta corte amministrativa della Turchia, il 10 luglio scorso all'unanimità decide di annullare il decreto del 1934 voluto da Ataturk che istituiva il museo. I giudici accolgono il ricorso presentato nel 2016 da un gruppo islamista locale, l'Associazione per la protezione dei monumenti storici e dell'ambiente. L'edificio - si sostiene - apparterrebbe a una fondazione religiosa che l'avrebbe ereditato dal sultano ottomano Maometto II che conquistò Costantinopoli. Santa Sofia torna moschea come allora. E i mosaici, sebbene non finiscano sotto la calce, vengono coperti insieme alle icone, simboli della cristianità. Istanbul ha oltre tremila moschee e 91 musei. A Erdogan di Santa Sofia serve soprattutto la forza simbolica per esprimere il suo potere e seppellire il luogo del dialogo e del confronto tra diversità rappresentato da ogni museo, che sia dentro o fuori la Turchia.

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