Ruspe, trivelle e Vigili del fuoco sono al lavoro per tentare disperatamente di salvare la vita a Julen Rosello, il piccolo di due anni caduto in un pozzo nel primo pomeriggio del 13 gennaio scorso.

Come riporta il quotidiano El Pais, i minatori hanno deciso di scavare due tunnel verticali e paralleli al foro che tiene intrappolato il piccolo. Sembra, però, che i lavori di soccorso abbiano subito un ulteriore rallentamento per la consistenza del terreno che ha bloccato le trivelle a causa di una formazione rocciosa.

La speranza è quella di poter ritrovare il piccolo Julen ancora in vita. Dal pozzo non arrivano contatti di alcun genere; voci e urla che possano confermare la presenza ancora in vita del piccolo.

La Spagna sta seguendo il caso con molta apprensione e il piccolo Julen è diventato il figlio di tutti. Ma cosa è accaduto quel giorno? Ripercorriamo la vicenda.

Julen stava giocando con un altro bimbo in quel campo, proprietà appartenente ad un familiare ubicata vicino a Malaga, nella Sierra di Totalan, quando all’improvviso è caduto in un pozzo profondo 110 metri e largo 25 centimetri. I genitori si trovavano nella proprietà tra Olia e il fiume Totalan, nei pressi di Cerro de la Corona, Sierra di Totalan.

L’allarme è stato lanciato da un parente che ha assistito alla terribile scena. La mobilitazione dei Vigili del fuoco e di oltre cento persone accorse sul posto è stata tempestiva. Un robot dotato di telecamerina è stato calato in fondo al tunnel ma si è fermato a 78 metri per una frana.

Le attività di soccorso si sono rivelate sin da subito difficoltose a causa della circonferenza molto stretta del pozzo. Il robot in dotazione è stato già utilizzato in passato per immersioni e all’indomani della tragedia è riuscito ad individuare soltanto il sacchetto di caramelle del piccolo Julen.

"Non abbiamo intenzione di fermarci neppure un minuto", ha dichiarato Maria Gamez, rappresentante del governo spagnolo nella provincia di Malaga, aggiungendo che "nessuno nella squadra dei soccorritori mette in dubbio che lo tireremo fuori. Siamo tutti fiduciosi che è vivo".

La vicenda del piccolo Julen ha fatto riaffiorare nella mente degli italiani la vicenda di Alfredino Rampi. Era mercoledì 10 giugno 1981, la famiglia Rampi trascorreva le vacanze a Roma, nella seconda casa di proprietà in via del Vermicino, a Finocchio.

Una famiglia unita, solida e compatta composta da papà Ferdinando Rampi, mamma Francesca Bizzarri, nonna Veja, il piccolo Alfredo di 6 anni e il fratellino Riccardo di due anni. Papà Ferdinando, insieme a due amici, decide di fare una passeggiata e porta con sé Alfredino. Mentre rientrano, il piccolo Alfredo chiede al padre di poter tornare a casa da solo. Il padre dice di sì. Sono le 19, probabilmente la famiglia Rampi si stava preparando per la cena, con una tavola imbandita con una tovaglia a scacchi o monocromo, bicchieri in vetro e bottiglie piene fino all’orlo.

Forse era questa la scena che papà Ferdinando si trova di fronte quando giunge a casa alle 20, accorgendosi con preoccupante stupore che il piccolo Alfredino non c’è. Alle 21.30 vengono chiamate le forze dell’ordine. Partono le ricerche con l’ausilio delle unità cinofile, viene individuato un pozzo artesiano sito in via Sant’Ireneo ma sin da subito il recupero si rivela complesso, proprio come quello del piccolo Julen.

Il pozzo in cui cade Alfredino è lungo 85 metri, anche se inizialmente si pensava fosse solo 36 metri. Un primo tentativo di recupero viene fatto con una tavola legata a una corda, nel tentativo di farla arrivare in fondo. Il tentativo non va a buon fine. Viene calato un microfono all’interno del pozzo, il piccolo Alfredo urla e piange in modo straziante.

Ogni italiano trattiene il respiro, prega nel silenzio e spera con tutto il cuore che quelle lacrime provenienti dal pozzo riescano a vedere la luce.

La vicenda viene trasmessa con una diretta Rai di 18 ore. Nani, circensi e contorsionisti si calano attraverso il piccolo ingresso del pozzo nel tentativo di afferrare il piccolo Alfredino, gli esiti sono negativi.

Angelo Licheri, tipografo di 37 anni, entra nel pozzo a mani nude ma non riesce ad afferrare il piccolo Alfredino. Quando sale in superficie scoppia in un pianto disperato. Proprio come sta accadendo in Spagna in queste ore, anche per Alfredino viene scavato un pozzo parallelo, ma le vibrazioni fanno ulteriormente scendere il corpo.

Sandro Pertini, presidente della Repubblica, giunge sul posto. "Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi", è il triste annuncio di Giancarlo Santalmassi nel corso dell’edizione straordinaria del Tg2 del 13 giugno 1981.

Angelo Barraco
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