Ora che è tornata in Italia, dopo un rapimento durato 17 mesi e che si è svolto tra Kenya e Somalia, Silvia Romano racconta la sua prigionia.

Ieri ha spiegato di essersi convertita all'Islam e di aver scelto di chiamarsi Aisha. Non un nome qualunque, ma quello della figlia di Abu Bakr, primo califfo islamico, sposa prediletta di Maometto.

Questo ha detto al pm Sergio Colaiocco insieme ad alcuni dettagli del sequestro e del rilascio. Non è mai stata trattata male ed è stata curata quando si è ammalata. "Mi hanno sempre rispettata", ha tenuto a precisare, aggiungendo che il suo destino le era stato anticipato dai rapitori: "Se non tenterai di fuggire non ti accadrà niente".

Quegli uomini non li ha mai visti in faccia, "avevano sempre il volto nascosto", le hanno fatto cambiare nascondiglio diverse volte.

Durante i lunghi mesi ha chiesto un taccuino, diventato una specie di diario (che non ha portato con sé in Italia), e anche un Corano. Poi la conversione "spontanea e non forzata, è stata una mia scelta" e il rito della testimonianza di fede in cui ha espresso le formule secondo cui "non c'è Dio all'infuori di Allah".

Ma non si è sposata, né ha subito pressioni, e non è incinta, come qualcuno aveva sospettato.

(Unioneonline/s.s.)

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