"Chiarirò tutto. Sono sereno anche se molto dispiaciuto per quanto sta succedendo". È quanto riferito da Marcello De Vito al suo legale, Angelo Di Lorenzo.

Nel primo interrogatorio di garanzia nel carcere di Regina Coeli però, l'ormai ex presidente dell'Assemblea capitolina arrestato ieri per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sul nuovo stadio della Roma, non ha risposto alle domande del gip Maria Paola Tomaselli.

Il pentastellato secondo il gip aveva costruito un sodalizio con l'amico Camillo Mezzacapo finalizzato ad ottenere denaro in cambio di aiuti e favori agli imprenditori.

E non c'è solo la vicenda stadio nel mirino degli inquirenti. Sono tre i gruppi immobiliari coinvolti: quello di Parnasi, per lo stadio e un progetto legato all'ex Fiera di Roma; quello di Pierluigi e Carlo Toti, che avrebbero pagato per ottenere l'ok alla riqualificazione degli ex mercati generali all'Ostiense; e quello di Giuseppe Statuto per un piano legato alla ex stazione di Trastevere.

De Vito e Mezzacapo avrebbero incassato versamenti per 230mila euro, e altri 160mila ne sarebbero stati promessi. È quanto emerge dalle intercettazioni e dai flussi finanziari sulle società attraverso cui Mezzacapo riceveva quelle che gli inquirenti ritengono essere "consulenze tangenti", prima di girarle sul conto della Mdl srl, una sorta di cassaforte nata secondo chi indaga per custodire i profitti illeciti di De Vito e Mezzacapo, anche se non direttamente riconducibile all'esponente M5S.

I due avrebbero ricevuto, in cambio di aiuti e favori, 95mila euro in tre tranche da Parnasi, 110mila da Toti e 24mila da Statuto.

LE INTERCETTAZIONI - "Marcè, dobbiamo sfruttarla sta cosa, ci rimangono due anni", dice Mezzacapo a De Vito il 4 febbraio scorso, spiegandogli quanto sia importante giocarsi tutte le carte per fare fortuna in una "congiunzione astrale" così favorevole, "tipo l'allineamento della cometa di Halley".

"Entrambi - scrive il gip nell'ordinanza - appaiono consapevoli che in una logica di mercato, la posizione di potere del pubblico ufficiale ha assunto in ragione della congiuntura favorevole un consistente valore che ne richiede un'adeguata gestione".

In un'intercettazione invece De Vito insiste per dividere subito i soldi arrivati. "Vabbè, ma distribuiamoceli questi", dice a Mezzacapo, che dal canto suo cerca di convincerlo ad aspettare la fine del mandato per prendere il denaro senza attirare troppe attenzioni: "Adesso non mi far toccare niente, lasciali lì".

DI MAIO E RAGGI - "Si tratta di un singolo che ha venduto la sua anima a dei delinquenti e che abbiamo immediatamente espulso. A nessuno permetto di sporcare il nome del Movimento e il progetto di

cambiamento del Paese. Questa è la differenza tra noi e gli altri partiti: per le mele marce non c'è posto nel M5S, né ora né mai", afferma Luigi Di Maio.

"Sono furiosa ma vado avanti. Dentro il M5S non c'è spazio per chi pensa ai propri interessi personali, il malaffare non è sconfitto", dichiara Virginia Raggi. "Da due anni e mezzo - aggiunge - stiamo riportando legalità e trasparenza nel governo di Roma per poi scoprire che qualcuno, invece di giocare di squadra con noi, pensava ai suoi interessi personali e non al bene comune".

(Unioneonline/L)
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