Non c'è pace nemmeno da morto per Gian Mario Mura, il giovane portotorrese di 23 anni deceduto dopo atroci sofferenze il 20 marzo scorso nella sua abitazione di Torbole in Trentino, dove lavorava in una lavanderia industriale della zona. Il corpo di Gian Mario si trova da un mese esatto in una cella frigo di una camera mortuaria di Riva del Garda.

La famiglia è ancora in attesa dei risultati di alcune analisi e di ulteriori esami che si dovrebbero effettuare sulla salma. Dal Trentino però non trapela quasi nulla, né da istituzioni né da organismi sanitari.

Un mese di tempo in una cella frigo non può ammettere molte giustificazioni, nemmeno quelle dettate dall'emergenza del particolare momento.

La famiglia sta per perdere la pazienza, dopo il profondo dolore che ha dovuto subire. Il ragazzo si sentiva male da giorni, febbre e mal di testa fortissimi. Per ben due volte si era recato al pronto soccorso di Arco, e una volta ne ha fatto ritorno persino in taxi. Infine le sue condizioni sono peggiorate sino alla morte del 20 marzo, che ha lasciato parecchie perplessità sulle cure ricevute.

Non si era trattato comunque di decesso per coronavirus (il tampone post mortem aveva dato esito negativo), bensì per una meningite: questa è l'unica cosa certa emersa dalle prime analisi. Per le altre analisi e altre formalità si aspetta da un mese, un tempo che alla famiglia e ai tanti amici di Porto Torres sembra un'eternità. Gli stessi amici di Gian Mario hanno anche organizzato una colletta per il trasporto della salma, che è a buon punto. Tutto però purtroppo inutile.

La burocrazia trentina per ora ha preso il sopravvento sul buon senso e su una degna sepoltura del povero Gian Mario nella sua terra natale.
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