Non hanno bisogno di commiserazione e neppure di indignazione. Non chiedono di essere cacciati. La comunità rom residente a Porto Torres nel campo di Ponti Pizzinnu chiede una risposta politica, una sistemazione abitativa adeguata fuori dall'immondizia e da una grande discarica in cui marciscono le loro famiglie e gli stessi residenti della zona, costretti a sopportare il degrado e l'enorme cumulo di immondizia, tra eternit, materiale pericoloso e rifiuti di ogni genere, sparsi lungo tutta la via Funtana di Cherchi.

Questa mattina un blitz del Partito sardo d'Azione ha riportato sotto i riflettori la questione del campo rom, un contesto di assoluto degrado e abbandono, un quartiere-ghetto dove sopravvivono ormai 12 adulti e 10 bambini.

"Noi sardisti avevamo denunciato la situazione di degrado e di pericolo del campo rom già il 13 maggio scorso - spiega Bastianino Spanu, dirigente Psd'Az - e ora a distanza di due mesi siamo pronti a denunciare con i legali del partito questa situazione attraverso un esposto alla Procura della Repubblica contro l'assessore all'Ambiente e contro il sindaco, in quanto responsabile della salute dei cittadini, perché non si vedono risposte da parte dell'amministrazione che aveva dichiarato che entro 15 giorni questo problema sarebbe stato risolto, mettendosi le medaglie al petto. Diciamo basta, Porto Torres sta diventando la pattumiera della Sardegna".

Per chiudere il campo rom la giunta Pigliaru aveva stanziato 288mila euro, grazie ad un progetto di integrazione sociale ed abitativa presentato dal Comune di Porto Torres che ospita 10 famiglie rom e sinti per un totale di 72 persone, di cui 5 nuclei, ovvero 22 persone risiedono ancora nel campo di Ponti Pizzinnu.

"L'assessore ai Servizi Sociali ci ha chiesto di trovare da soli con il nostro budget una soluzione abitativa per poter andare via dal campo ma per noi non è facile trovare una casa in affitto o da acquistare con 36mila euro. Siamo una famiglia di nove persone e abbiamo bisogno di uno spazio adeguato e non è semplice trovarlo se ci dobbiamo muovere da soli", dice Franko Nicholic, uno dei rom diventato cittadino di Porto Torres.

Fuori dal campo, i carabinieri spesso sono intervenuti per sedare risse e mettere fine a situazioni di emergenza. Attorno è scoppiata la disperazione dei residenti che da anni tollerano con fatica situazioni border-line.

"Rifiuti pericolosi ed erbacce - lamentano i residenti - il Comune deve pulire e bonificare, perché noi le tasse le paghiamo e dobbiamo tollerare una situazione esplosiva. All'interno ci sono solventi sequestrati, altro materiale inquinante è stato sotterrato e la notte spesso all'interno del campo bruciano rifiuti. Incendi pericolosi che hanno richiesto l'intervento dei Vigili del fuoco". Fuori dal campo, non c'è neppure un'area priva di rifiuti, si possono scorgere dappertutto montagne e distese di spazzatura accumulata nei bordi della strada e tra la vegetazione.

"Di sicuro contribuiscono a scaricarla anche persone che arrivano dai quartieri vicini e da altri Comuni - spiega il titolare di un'azienda agricola - questo campo va sgomberato perché degrado richiama degrado. Non si può pretendere di integrare queste persone se si concentrano in periferia e per di più tutte in uno stesso contesto. Una condizione inammissibile, sfuggita di mano all'amministrazione, perché qualsiasi insediamento va monitorato con regolamenti da applicare e da far rispettare, compreso il ritiro dei rifiuti. E se parliamo di scolarizzazione anche in questo il Comune è assente, nessuno ha pensato seriamente di integrarli e obbligarli a frequentare le scuole. Se vogliamo integrarli non dobbiamo sbattere 100 persone in un'unica realtà periferica, ma occorre dividere le forze e inserirle nella comunità urbana".
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