Nella morte di Letizia Trudu, uccisa a 11 anni dalle eliche di uno yacht il 9 luglio 2015 a Santa Margherita di Pula, ci sono due responsabilità diverse.

È "gravissima" quella di Maurizio Loi, comandante del Thor II che ospitava la bimba; è inferiore quella di Andrea Trudu, padre della vittima, il quale però doveva "vigilare" sulla figlia.

LA RICHIESTA DEL PM - Al termine di un'udienza drammatica, durante la quale il genitore-imputato ha rievocato davanti al giudice Giuseppe Carta una disgrazia che ha devastato una famiglia, il pm Alessandro Pili ha tirato le somme di un processo in cui "un marasma di fonti dichiarative" si è rivelato "intrinsecamente inattendibile" e si è presentata in Tribunale "una pletora di testi falsi. Uno scandalo", e chiesto due condanne per omicidio colposo: 4 anni e mezzo per Loi; 10 mesi per Trudu.

"Cinque i capi saldi" sui quali si è basata la ricostruzione: "La bimba era sulla barca poco prima dell'evento; Loi era il comandante; la piccola è stata uccisa dalle eliche; le eliche erano in movimento e il motore era acceso; la vittima era affidata a Trudu".

IL RACCONTO DEL PADRE - Proprio il padre poco prima della requisitoria ha ricordato quanto avvenuto tre anni e mezzo fa.

Separatosi nel 2008, vedeva le figlie (7 e 11 anni) solo in presenza delle assistenti sociali. Le bimbe "non capivano la decisione del giudice, mi dicevano che ero il babbo più bello del mondo".

In un resoconto a tratti bloccato dal pianto, ha spiegato di essere passato quel giorno a prendere le figlie a Cagliari, "dalla madre". Erano "le 15,30: siamo arrivati a Santa Margherita alle 17". Guardando nel vuoto, è come se Trudu rivivesse quei momenti: la nipote che li saluta dalla barca circa 100 metri al largo, la decisione di raggiungerla con le bimbe a nuoto, la gita al Pinus Village, i tuffi, il ritorno.

"Conoscevamo Loi, era sempre a casa di mia madre e mia sorella". Davanti a viale delle Sirene "fa una manovra strana, si avvicina a riva, mette la poppa verso terra. Ci dice di tenerci pronti a buttarci una volta fermi. Riccardo Uras, nipote di Loi, ci dà il via". C'erano "circa 15 persone a poppa". Si tuffano i ragazzini. Poi "io mi lancio di testa. Riemergo e chiamo le bimbe. I motori sono fermi". "Ce la fai?", chiede a Letizia. "Sì, sì", la risposta.

"Era bravina, io spingevo la piccola per andare più veloce". Poi "un'onda" li travolge, padre e figlie vanno "sotto", la barca "ci arriva addosso" e "porta via Letizia. Non sono riuscita ad afferrarla". Trudu si ferma, singhiozza, piange. E il processo prosegue a porte chiuse.

LE RESPONSABILITÁ - Poco più tardi il pm ricostruisce le singole responsabilità. La posizione di Loi "è già chiusa. La barca era al di qua dei 200 metri dalla riva e il motore era acceso. Per bimbe di 7 e 11 anni è impensabile tornare a nuoto da quella distanza. Ha clamorosamente violato la norma sulla protezione dei bagnanti, non aveva un servizio di vedetta visivo e uditivo, non ha tenuto una velocità adeguata. Aveva una fretta enorme: doveva scaricare i passeggeri, che viaggiavano gratis, per prenderne rapidamente altri al Forte Village. I ragazzi si buttano e tu accendi il motore? Una colpa gravissima. Senza motori accesi, la bimba non sarebbe morta. Nei giorni precedenti aveva tenuto lo stesso comportamento. E quella volta si è allontanato per prendere la fidanzata. Per me era una fuga, per i carabinieri un allontanamento".

Una sottile differenza che "l'ha graziato dall'arresto. Ma non andava bene". A Trudu invece "vanno concesse le attenuanti, il suo comportamento non era imprevedibile: Loi aveva detto a tutti che doveva fermarsi e ripartire. Ma il padre sapeva del pericolo. Le bimbe erano affidate a lui. Doveva vigilare e prevedere che il comandante potesse ripartire senza controllare. Su circa 20 persone a bordo sono rimaste ferite solo le due bambine. Fosse stato attento, la disgrazia non sarebbe accaduta".

Il 28 parola agli avvocati di parte civile e dei responsabili civili.

Andrea Manunza
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