Dopo quasi cinque mesi si chiude il giallo del cadavere ritrovato a nord dell'Isola di Mal di Ventre lo scorso marzo. Già dai primi accertamenti era stato escluso che si trattasse di un migrante. Poi la conferma arrivata dall'analisi del Dna: il suo nome era Imed Ben Younes, 44 anni, un commerciante, tunisino, sposato e con 4 figli, che viveva da anni a Cassis, una cittadina a pochi chilometri da Marsiglia.

Ora il suo corpo riposa nel cimitero dell'isola di Djerba in Tunisia, dove vivono i genitori. La moglie ed i figli hanno voluto assecondare il desiderio del padre e della madre.

Ma la sua identificazione non è stata facile: determinante l'esame di un cellulare distrutto, che il tunisino aveva in tasca.

L'incidente

Imed era un gran lavoratore e possedeva un negozio nel centro di Cassis: era uscito sabato 24 novembre dello scorso anno, per la consueta serata di pesca a ridosso del molo, nella baia di Cassidenne, luogo molto frequentato dagli appassionati. «Era uscito a piedi dopo aver lasciato la sua auto in un parcheggio vicino alle Calanques - racconta un parente - alle 8 di sera sua moglie, dopo aver visto che non era rientrato, aveva dato l'allarme. Quella sera c'era stato un temporale, che aveva colpito tutta la Provenza, probabilmente era stato travolto da un'onda anomala».

Le ricerche

Di Imed Ben Younes non si era saputo più niente. Erano state inutili le ricerche della Guardia costiera e della Gendarmeria francese. «Lo avevano cercato con navi ed elicotteri per quasi una settimana nel golfo delle Calanques - aggiunge il parente - ma le ricerche, alle quali partecipò anche la famiglia, non avevano dato alcun esito».

Il ritrovamento

Il suo cadavere aveva vagato per mesi nel Mediterraneo, e trascinato dalle correnti, il 13 marzo era approdato tra gli scogli di una delle calette dell'isola di Mal di Ventre. Lo aveva avvistato un pescatore di Cabras, facendo scattare l'allarme. In una giornata di mare mosso i militari della Guardia costiera insieme ai carabinieri erano riusciti a raggiungere la caletta e avevano recuperato il corpo. Da allora la salma era rimasta senza un nome nell'obitorio dell'ospedale di Oristano.

La telefonata

La famiglia aveva perso ormai ogni speranza quando alla Gendarmeria francese era arrivata una telefonata dai carabinieri di Oristano. Il lavoro degli uomini del nucleo operativo, guidati dal capitano Francesco Giola e coordinati dalla Procura della Repubblica, non si era mai fermato, nonostante le enormi difficoltà.

La svolta

La svolta importante era arrivata da un cellulare, ossidato e distrutto dal mare, uno degli effetti personali recuperati sul cadavere. Il tecnico informatico incaricato dalla Procura era riuscito a recuperare nomi e numeri di telefono che hanno permesso successivamente di risalire alla sua famiglia. La conferma a giugno quando attraverso l'esame del Dna di uno dei figli è stata accertata l'identità del giovane francese. Il suo corpo era quindi stato riconsegnato alla famiglia.

Elia Sanna

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