La strategia è scritta da sempre nei manuali della Tirrenia. La Sardegna e i Sardi, per questa compagnia di navigazione, nata pubblica e finita privata, sono sempre stati l'oggetto primordiale del sequestro. Per esigere il pagamento del riscatto le trombe della Tirrenia, una volta di Pecorini, primitivo padre padrone, e un'altra di Onorato, l'ultimo dei patron, hanno sempre suonato la stessa musica. A spron battuto hanno sistematicamente preteso denari copiosi e in contanti. Lo spartito di questa ennesima boutade del patron di Mascalzone Latino ha iniziato a batter cassa la sera dell'ultimo sabato con il classico roboante annuncio ad effetto: dal primo dicembre, recitava il serafico comunicato, chiudiamo gran parte delle rotte da e per la Sardegna.

Tagli d'autunno

In ballo ci sono la Civitavecchia - Cagliari, già falcidiata nel 2014, trasformata da quotidiana a trisettimanale, la Cagliari Palermo, la Olbia - Genova e la Cagliari-Napoli. Tutte cancellate, secondo l'annuncio da manuale. Operazione studiata a tavolino per ispirare la solita levata di scudi e invocare l'intervento della politica, dei sindacati e persino degli emigrati. Esattamente quello che pretendeva e pianificava Vincenzo Onorato.

Diserzione a tavolino

Per questa "diserzione" dalle rotte sarde il Ministero dei Trasporti, secondo gli auspici di casa Tirrenia e Moby, alla fine qualcosa dovrà fare. Uno scacchiere delineato sin dall'inizio e che potrebbe celare anche una regia puntuale, tutta finalizzata a far "sganciare" altri soldi di Stato all'eterna pentola bucata della continuità territoriale da e per la Sardegna. Appare surreale che i vertici di Porta Pia, nell'enclave romano del dicastero che ha in carico la convenzione più controversa del mare, possano decidere di incontrare Onorato e famiglia, non foss'altro perché si tratterebbe di un atto di palese accettazione delle pretese del proprietario della Compagnia di navigazione.

Il ballo del denaro

In ballo ci sono, ovviamente, altri soldi, tanti, che la compagine Tirrenia-Moby chiede allo Stato per svolgere un servizio che, in realtà, già altre compagnie stanno di fatto svolgendo a prezzi più bassi e senza un soldo pubblico. Il blocco delle tratte sarde, previste dalla convenzione Stato - Tirrenia, scaduta il 20 luglio scorso, questa volta non costituirebbe un'interruzione del servizio pubblico considerato che il Ministero quella convenzione non l'ha mai realmente prorogata. E' questo il primo motivo di uno scontro durissimo rimasto sottotraccia in questi mesi per, poi, esplodere quasi ad orologeria alla vigilia di Natale, in piena pandemia. Il 17 luglio scorso il Parlamento aveva effettivamente votato una norma per concedere una proroga alla convenzione più dispendiosa della continuità territoriale da e per la Sardegna, oltre 72 milioni di euro all'anno per otto anni.

Una legge "illegittima"

Quella approvata da Camera e Senato è una legge a tutti gli effetti, ma con mille e una illegittimità di fondo. In quella disposizione si prevedeva, infatti, di prorogare il contratto ad Onorato sino al 28 febbraio del 2021. Inizialmente era stata prevista una proroga sino al 20 luglio, ma anche quella disposizione era apparsa ulteriormente fuorilegge visto che le disposizioni comunitarie assegnavano alle proroghe in attesa di un nuovo bando non più di sette mesi. Con la riduzione dei termini il Governo ha proposto e ottenuto dalle Camere anche la cancellazione della disposizione che prevedeva il preventivo via libera di Bruxelles. Elementi che hanno pesato non poco nella mancata firma della proroga da parte della direzione generale preposta alla stipula degli atti contrattuali.

La firma e la pelle

E' notorio che gli atti amministrativi non sono nella disponibilità di un Ministro ma sono i dirigenti che devono apporre la propria firma in calce. Non proprio atti da firmare a cuor leggero visto quel che si rischia con quell'eventuale proroga sino al 28 febbraio 2021. E, in effetti, hanno ben donde i vertici dirigenziali del ministero a nutrire seri dubbi nel sottoscrivere un'ulteriore elargizione di denaro pubblico, altri 40 milioni di euro, a Mister Onorato. Secondo i Commissari straordinari della Tirrenia in amministrazione straordinaria il patron di Mascalzone Latino deve allo Stato non meno di 180 milioni di euro per il mancato pagamento dell'acquisto della stessa compagnia di navigazione. La prima tranche del debito con lo Stato, pari a 55 milioni è scaduta ad aprile 2016, la seconda da 60 milioni è scaduta il 30 aprile 2019.

Niente compensazione

Nel diritto fiscale italiano esiste l'istituto della compensazione tra debiti e crediti. In questo caso lo Stato si è limitato ad elargire a Onorato la bellezza di 560 milioni di euro per la continuità territoriale ma non ha mai chiesto, e tantomeno ottenuto, il pagamento di quel ciclopico debito. Anzi, quando i giudici hanno disposto il sequestro dei conti di Cin-Tirrenia il Governo si è prodigato per spostare quel vincolo dei giudici dai conti in banca alle navi, consentendo al numero uno di Moby, per l'ennesima volta, di non restituire il dovuto allo Stato.

Authority

La decisione dei dirigenti del Ministero di non firmare la proroga è, però, tutta da ricercare nelle posizioni espresse dalle Autorità Garanti, dall'Anticorruzione alla Concorrenza e Mercato, dalla Commissione Europea sino al Tribunale fallimentare di Milano. E' evidente che, oltre alle responsabilità amministrative, subentrano quelle di natura personale, considerato che quella eventuale firma sugli atti ricadrebbe tutta su coloro che, con penna e calamaio, dovessero vergare i contratti.

Tracollo giudiziario

Il rischio di un vero e proprio tracollo giudiziario della vicenda Tirrenia ha imposto a tutti i dirigenti massima cautela, e sino ad oggi astensione, dal firmare proroghe che potrebbero provocare un grave danno erariale verso lo Stato, con strascichi di natura penale visto che si favorirebbe un privato mai selezionato con una vera gara pubblica.

Multa milionaria

A questo si aggiunge la sentenza dell'Autorità garante della Concorrenza che aveva condannato Moby-Tirrenia ad una multa di 29 milioni di euro per abuso di posizione dominante con condotte gravi come l'interruzione di pubblico servizio. Tutti elementi che potrebbero avere ripercussioni anche sul piano penale. L'agognata proroga è stata dichiarata fuorilegge, con largo anticipo, il 4 marzo dello scorso anno, dalla stessa Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato. A questo si aggiunge il Tribunale di Milano - Sezione Fallimentare che nei giorni scorsi ha concesso una proroga di sessanta giorni nella procedura di concordato, vera anticamera del fallimento. In un piano attiguo del palazzaccio lombardo, quello della Procura della Repubblica, infine, sono stati ipotizzati reati gravissimi relativi a fondi e leasing trasferiti da una società all'altra con distrazioni rilevanti di capitali.

Pistola scarica

Un dato è certo: la decisione di Onorato di fermare le navi qualche anno fa poteva costituire una seria minaccia ai servizi da e per la Sardegna, oggi non più. Tutte le analisi di mercato attribuiscono alla compagnia un ruolo marginale, appena il 6,6% i passeggeri trasportati nel 2020 su quelli giunti in Sardegna. Quei 72 milioni di euro all'anno erogati dallo Stato a Tirrenia sarebbero davvero difficili da giustificare, non solo per il Governo ma anche per coloro che dovessero decidere di apporre una firma in calce ad una proroga ritenuta a tutti i livelli illegittima e illegale.

Decreto insularità

Del resto per varare un nuovo assetto della continuità territoriale basterebbe un decreto emergenziale stabilendo un "voucher insularità" da destinare ad ogni passeggero e o trasportatore che affronta le tratte da e per la Sardegna. Non ci sarebbe bisogno di nuove gare e nemmeno di altre proroghe. Ogni passeggero o autotrasportatore potrebbe usufruire del bonus insularità e usarlo con la compagnia che sceglierà senza obbligo alcuno. Libero mercato, con la salvaguardia delle rotte che il Governo e la Regione dovranno indicare. Per far cessare per sempre il ricatto e il sequestro ai danni della Sardegna e dei sardi.

Mauro Pili
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