Il diavolo dei fanghi pugliesi ha fatto le pentole ma non i coperchi. Come spesso capita in vicende di rifiuti occorre incrociare documenti e atti, cronometrare tempi di percorrenza di camion carichi di melma e soprattutto verificare sino in fondo ciò che si verga anche nelle carte bollate. Il castello di affari tra Puglia e Sardegna sbarca stamane in un altro tribunale, quello amministrativo di Bari. In gioco c'è la guerra per conquistare un metro cubo in più di quella fogna d'oro che gruppi associati e intermediari di mezza Italia vorrebbero far propria ad ogni costo.

Valanga di atti

La nuova valanga di documenti depositata la notte scorsa nel palazzo rosso mattone del Tar Puglia, nella centralissima piazza Giuseppe Massari a Bari, è molto di più di un giacimento infinito di prove, di ammissioni e confessioni. La competenza qui, in questi austeri uffici della Camera di consiglio riservata a pochi eletti, è tutta amministrativa. Il confine con gli affari penali, però, in questo caso è borderline. Un fatto è certo, la Sardegna stamane a Bari sarà il crocevia di questa guerra infinita per intascare palate di denaro in cambio di camion di fanghi fognari.

Intermediari di reflui

In ballo ci sono gli intermediari, quelli codificati per legge, ma che nella sostanza svolgono un ruolo sotterraneo per accaparrarsi quel fiume di fanghi che dalla Puglia vorrebbero spedire nell'Isola del mirto e del corbezzolo. Il deposito dei documenti, quelli dell'ultim'ora, probabilmente fuori tempo massimo, scatta nel pomeriggio di lunedì. Nella rete riservata, quella degli avvocati, spuntano, però, solo nella notte di ieri, giusto in tempo per metterli ai raggi x dei contendenti. Le parti sono schierate con i fucili carichi di colpi bassi, da investigatori alla ricerca del cavillo per far franare l'aggiudicazione dell'ultimo malloppo di fanghi fognari che l'acquedotto pugliese ha assegnato attraverso una sottospecie di pubblica selezione dal valore di oltre 30 milioni di euro in cui la guerra è stata totale.

Sardo-pugliesi

Una gara vinta da Emmegi Ecologia, la società di Bari con un braccio intermediario operativo tutto sardo, la Domus srl, quella di Sassari, di proprietà della famiglia Patteri. Hanno vinto con il 20,86% di ribasso. Tutti i fanghi destinati in Sardegna. Il guadagno era talmente alto rispetto al capitolato d'appalto che si sono potuti concedere lo sconto più alto, nonostante il tragitto più oneroso e lontano, quello verso la Sardegna. La competizione per accaparrarsi il fango fognario prevedeva una soglia massima per ogni competitor: non più di 50.000 tonnellate annue a ciascuno. Emmegi Ecologia, in base agli esisti della gara, avrebbe portato nell'Isola il quantitativo massimo. Trentacinquemila tonnellate da gestire nell'impianto di Magomadas e 15.000 da interrare nella discarica del Consorzio Industriale di Sassari, quella di Barrabò, a due passi da Porto Torres, in località La Marinella.

Rivali fognari

Un'aggiudicazione che ha fatto scatenare i rivali fognari di mezzo stivale. Se cade l'accoppiata sardo-pugliese, infatti, altri si potranno spartire le spoglie delle fogne di Bari, Taranto, Barletta, Lecce e dintorni. In questa contesa all'ultimo tanfo la compagine Emmegi e Domus è costretta a giocarsi le ultime carte. L'impianto di Magomadas è sotto sequestro. La magistratura, quella penale, lo ha sigillato senza appello. Gli stessi proprietari non si sono opposti, nonostante gli intermediari abbiano scritto l'esatto contrario nei documenti depositati al Tribunale amministrativo di Bari. È la prima affermazione di una lunga serie che fa sconfinare la causa in tribunali diversi da quelli amministrativi.

Dalla Malvasia a Marsala

Il sequestro dell'impianto, piazzato nel cuore della terra della Malvasia di Bosa, è avvenuto il 14 luglio scorso da parte della Procura di Oristano. Dopo appena tre giorni Emmegi aveva già comunicato un nuovo sito, quello di Marsala, a due passi da Trapani, nel punto più lontano ed estremo della Sicilia. L'integrazione dei siti di smaltimento è esplicita: i fanghi destinati a Magomadas per adesso, in base a quella comunicazione fatta tre giorni prima della gara, finiranno alla Sicilfert, società siciliana con gli impianti appena dissequestrati e con alterne e fresche vicende giudiziarie legate proprio alla gestione dei rifiuti. Accantonata, per adesso, la società con la puzza a due passi dal paese della Planargia, resta in ballo la discarica di Barrabò, quella del Consorzio industriale di Sassari, nelle terre devastate di Porto Torres. Un caso che rischia di sconfinare nelle aule penali, vista la netta divergenza nelle dichiarazioni rese dai protagonisti in sede giudiziaria. E il falso non è esattamente un reato amministrativo.

Il giallo dei contratti

Qui la vicenda diventa giallo, e se i documenti che pubblichiamo finissero nelle mani di altri giudici, ci sarebbero da approfondire non solo le perizie calligrafiche delle firme ma anche i contenuti e gli effetti civili, amministrativi e soprattutto penali di certe affermazioni. I documenti di cui siamo entrati in possesso potrebbero aver alterato in una maniera decisiva la stessa gara d'appalto. In un pubblico processo una Corte d'altri tempi avrebbe chiamato le parti, una di fronte all'altra, a un faccia a faccia senza sconti. Emmegi di Bari mette nero su bianco che l'intermediaria Domus di Sassari è «gestore per contratto dell'impianto del Consorzio industriale di Sassari, discarica Località Marinella e Barrabò».

Il contratto esiste

Gli avvocati sono ancora più espliciti e lo scrivono direttamente ai giudici: «i soggetti autorizzati all'esercizio degli impianti di recupero e smaltimento di Magomadas e di Porto Torres (Geco e Consorzio industriale di Sassari) si sono impegnati contrattualmente con la Domus affinché la stessa, nella sua precisa funzione di intermediario, disponga del recupero e dello smaltimento dei rifiuti per loro conto». Dunque, in atti processuali, viene affermato, senza tema di smentita e reiteratamente, che la Domus avrebbe un «contratto» con il Consorzio Industriale di Sassari per scaricare i fanghi nella discarica di Barrabò. L'affermazione è forte, decisa, senza fraintendimenti: «impegnati contrattualmente».

Mai accordi con Domus

Peccato che la posta de L'Unione Sarda abbia ricevuto una nota del presidente del Consorzio industriale di Sassari, Valerio Scanu. Le affermazioni sono senza appello, su carta intestata e firma in calce. Il nostro ente - scrive il presidente - «non ha mai autorizzato alcun conferimento di rifiuti provenienti dalla penisola né ha in essere alcun contratto con la Domus o con altri». Smentita sprezzante di quelle affermazioni contenute nei ricorsi predisposti in prima istanza dai signori della Emmegi e della stessa società a responsabilità limitata di Sassari. Delle due una: o dice il falso la compagine che vorrebbe gestire a tutti i costi i fanghi pugliesi oppure lo afferma il Consorzio industriale. Di certo quei documenti non resteranno chiusi nei cassetti dei giudici amministrativi di Bari.

Il falso e la sentenza

Non appena incroceranno documenti e atti si accorgeranno che qualcuno ha dichiarato il falso. I giudici del Tar Puglia oggi dovranno decidere chi si dovrà riempire le tasche di denari e quale regione dovrà riempirsi di puzza e fanghi. Di certo dovranno tener conto di un atto imprescindibile: l'ordinanza-sentenza dei loro colleghi del Tar Sardegna in cui si afferma in maniera inequivocabile il divieto di far arrivare quei fanghi in terra sarda. Il diavolo dei fanghi pugliesi si è dimenticato il coperchio dei contratti e ha ignorato il divieto dei giudici amministrativi di piazza del Carmine a Cagliari. Il tramonto dell'affare sardo - pugliese ha le ore contate. Salvo colpi di scena.

Mauro Pili
© Riproduzione riservata