La ritirata del virus continua, inesorabile, in quella che è stata senz’altro la settimana migliore dall’inizio dell’epidemia. “Solo” 8.300 nuovi casi da lunedì 4 maggio a ieri, con un incremento percentuale di poco inferiore al 4%, la settimana scorsa era stato del 6,6 con 13mila nuovi casi.

Calo boom di malati, che scendono sotto quota 100mila giù sino a 83mila. Ben 17mila in meno in una settimana. Solo due tamponi su cento processati sono positivi. Tutti record nella settimana in cui l’Italia ha raggiunto anche il record di test, oltre 412mila.

Poco più di un mese fa contavamo 38mila nuovi malati e 5.300 morti in una settimana, con un aumento di 900 ricoverati in terapia intensiva. Ora i nuovi casi sono 30mila in meno, i decessi 3700 in meno, e le terapie intensive hanno cominciato, dopo il picco di 4.068, una continua discesa che le ha portate ieri a 1.027, praticamente un quarto.

La curva dei casi attualmente positivi (Worldometers.com)
La curva dei casi attualmente positivi (Worldometers.com)
La curva dei casi attualmente positivi (Worldometers.com)

Quella di ieri è stata in particolare una giornata da record: il più basso aumento percentuale di casi da sempre (+0,4%) e la più bassa percentuale di tamponi positivi (1,55%).

Con due numeri assoluti, i più importanti, che ci riportano a due mesi fa, al momento in cui in Italia veniva predisposto il primo lockdown nazionale: 165 vittime, mai così poche dal 9 marzo, e 802 nuovi casi, il dato più basso dal 6 marzo.

I casi giorno per giorno in Italia (Fondazione Gimbe)
I casi giorno per giorno in Italia (Fondazione Gimbe)
I casi giorno per giorno in Italia (Fondazione Gimbe)

OSSERVATE SPECIALI - Migliora la situazione anche in Piemonte e Lombardia, le due osservate speciali. Il primo, dove il picco è arrivato in ritardo, ha decisamente piegato la curva: crescita percentuale settimanale del 4,5%, era stata sempre a doppia cifra sino alla settimana dal 26 aprile al 3 maggio, quando il 10% lo sfiorava. Per la prima volta vediamo il dato settimanale degli attualmente positivi in diminuzione.

La Lombardia continua a destare la massima attenzione per i numeri assoluti, ma anche nella Regione colpita da una vera e propria ecatombe i dati continuano a migliorare, non molto rapidamente ma costantemente. Per la prima volta diminuiscono gli attualmente malati, quasi 7mila in meno (sinora erano stati sempre in aumento i dati settimanali degli attualmente positivi). Continua inesorabile il calo di ricoveri, terapie intensive e decessi, tutti dati che si riflettono a livello nazionale. I nuovi casi scendono sotto i 4mila (si ritorna quasi all’inizio dell’epidemia), e ieri si è scesi sotto i 300 contagi, non accadeva dal 3 marzo. L’aumento percentuale settimanale anche qui è leggermente superiore a quello italiano, al 5,13%.

Le altre regioni, oltre a Piemonte e Lombardia, la cui crescita settimanale è più elevata di quella nazionale (che è del 3,96%) sono Liguria (5,13%), Lazio (+5,23%) e Puglia (4,08%). Oltre al Molise, che fa storia a sé con una crescita che sfiora il 23%: dopo giorni con zero casi o poco più, la piccola Regione del Centro Italia ne ha fatti registrare 65 in tre giorni. Tutti relativi a un focolaio creatosi nella comunità rom di Campobasso.

La curva degli attualmente positivi nell'Isola (Regione Sardegna)
La curva degli attualmente positivi nell'Isola (Regione Sardegna)
La curva degli attualmente positivi nell'Isola (Regione Sardegna)

LA SARDEGNA - Ha fatto registrare appena 21 casi (tre al giorno) e un decesso nell’ultima settimana. Crescita percentuale dell1,5%, nell’Isola solo lo 0,3% dei tamponi testati negli ultimi sette giorni è risultato positivo. Diminuiscono ancora ricoverati (-174) e pazienti in terapia intensiva, nove in meno, ora sono solo 10. La Sardegna occupa in totale meno di cento posti letto in ospedale per malati Covid. La crescita percentuale dei casi, nei sette giorni tra il 29 aprile e il 6 maggio vede un aumento maggiore nella provincia di Cagliari, dove si sfiora il 4%. Nuoro sotto il 3%, tutte le altre sotto il 2%, anche la zona più colpita che è quella della provincia di Sassari. Nota dolente, pochi tamponi: 6.309, solo 901 al giorno.

Dati ottimi dunque in Italia e in Sardegna, positivi anche nelle zone che più destano preoccupazioni. Ma ancora non si sono visti gli effetti della fase 2, che verosimilmente potremo valutare nella prossima settimana e ancor più nelle successive.

In orizzontale il numero dei casi ogni 100mila abitanti, in verticale la crescita percenutale tra il 29 aprile e il 6 maggio (Fondazione Gimbe)
In orizzontale il numero dei casi ogni 100mila abitanti, in verticale la crescita percenutale tra il 29 aprile e il 6 maggio (Fondazione Gimbe)
In orizzontale il numero dei casi ogni 100mila abitanti, in verticale la crescita percenutale tra il 29 aprile e il 6 maggio (Fondazione Gimbe)

L'ANALISI SULLA MORTALITA' - Un focus interessante è quello dell’analisi fatta da Istituto superiore di sanità e Istat, che dipinge tre diverse Italie del virus e lascia capire come le vittime Covid siano in realtà molte di più di quelle ufficialmente riconosciute, soprattutto nelle zone più colpite.

L’analisi è molto ampia, prende in considerazione 6.686 comuni italiani, l’87% del totale di 7.904, e ricopre l’’86% della popolazione. E’ stata presa la media dei decessi nel mese di marzo tra il 2015 e il 2019 e confrontata con il dato del 2020.

Dal 20 febbraio (giorno in cui viene diagnosticato a Codogno il primo caso) al 31 marzo sono morte in Italia 90.946 persone, la media tra il 2015 e il 2019 nello stesso periodo era di 65.592 decessi. Una differenza di 25.354, solo il 54% dei quali (13.710 erano le vittime Covid al 31 marzo nei comuni presi in considerazione) attribuito ufficialmente al coronavirus.

Questa quota ulteriore di circa 11.600 morti può essere attribuita a tre motivazioni, tutte riconducibili all’epidemia: vittime del virus a cui non è stato eseguito il tampone, vittime “indirette del Covid” (infarti, “disfunzioni di organi quali cuore o reni probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate”), e infine una quota causata dalla crisi del sistema ospedaliero che non riusciva a gestire altre patologie o dal timore delle persone di recarsi in ospedale.

Comunque sia, un aumento della mortalità elevatissimo che basterebbe a zittire i “complottisti” secondo cui questo virus non è grave e non c’era poi così bisogno del lockdown.

LE TRE ITALIE DEL VIRUS - Ma i numeri si fanno ancora più agghiaccianti se si considera la prima delle tre Italie, quella ad alta incidenza del virus (con più di cento casi per 100mila abitanti). Qui sono compresi 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro-Urbino. Il picco dell’epidemia è stato raggiunto il 20 marzo, poi via via una diminuzione costante. In queste zone si è verificato l’89% dei decessi di marzo, e la mortalità è più che raddoppiata rispetto alla media 2015-2019 dello stesso periodo (+113%).

Alcune province dell'Italia ad alta diffusione del virus (Istat)
Alcune province dell'Italia ad alta diffusione del virus (Istat)
Alcune province dell'Italia ad alta diffusione del virus (Istat)

Con dati impressionanti nelle zone più martoriate: nella Bergamasca +567,6, se prima a marzo morivano 1.180 persone quest’anno ne sono morte 6.238. Oltre 5mila in più. Aumenti paurosi anche a Cremona (+391%), Lodi (+371%), Brescia (+291%), Piacenza (+264%), Parma (+208%), Lecco (+174%), Pavia (+133%), Mantova (+122%), Pesaro-Urbino (+120%). In provincia di Milano l’aumento è stato del 92,6%, morti quasi raddoppiati dai 3.400 degli anni scorsi ai 6mila del 2020.

Poi ci sono le altre due Italie, quella a media (tra i 40 e i 100 casi ogni 100mila abitanti) e a bassa (meno di 40) diffusione del coronavirus. Qui il picco è arrivato cinque giorni dopo rispetto alle zone ad alta diffusione, poi è partita la diminuzione. Non costante, segno che l’epidemia è ancora in corso. Nelle aree a media diffusione, di cui fa parte la provincia di Sassari, la mortalità tra il 20 febbraio e il 31 marzo è aumentata del 18%. In quelle a bassa diffusione, dove il Covid non ha colpito e di cui fanno parte tutte le altre province sarde, è addirittura diminuita dell’1,8%, per via di un trend positivo che si stava manifestando in tutta Italia fino all’arrivo di questo maledetto virus.

SARDEGNA, MANCANO 173 MORTI - Prendendo in considerazione l’intera Sardegna la mortalità è aumentata del 13,7%: 1.707 morti contro i 1.495 della media 2015-2019. Parliamo di 212 decessi in più, solo 39 attribuiti ufficialmente al virus. Ne mancano 173.

Passiamo alle province. A Sassari la mortalità a marzo è aumentata del 18,7%, nei mesi di gennaio e febbraio era in diminuzione rispetto allo stesso periodo 2015-19. Nel mese di marzo 630 morti, 96 in più dei 534 di media degli anni precedenti. Solo 27 sono diagnosticati Covid. A Cagliari si passa da 174 a 186, solo uno dei 12 in più diagnosticato Covid. A Oristano 18 decessi in più, da 208 a 226, uno quello attribuito al virus. A Nuoro 242 le vittime, 15 in più di cui sei diagnosticate Covid. Nel Sud Sardegna +20% di vittime a marzo, sino a febbraio erano in lieve diminuzione rispetto agli anni precedenti. Dei ben 72 morti in più di marzo 2020, sono appena quattro quelli attribuiti al virus.

L'Italia a media diffusione con i dati di Sassari, la zona più colpita dell'Isola (Istat)
L'Italia a media diffusione con i dati di Sassari, la zona più colpita dell'Isola (Istat)
L'Italia a media diffusione con i dati di Sassari, la zona più colpita dell'Isola (Istat)

DOVE CI SI CONTAGIA DURANTE IL LOCKDOWN? - Un ultimo approfondimento per capire come si sono contagiati gli italiani nel periodo di lockdown. L’Istituto superiore di sanità ha preso in considerazione un campione dei nuovi casi che si sono verificati nel mese di aprile, ed è emerso che quasi la metà (il 48,6% per la precisione) è avvenuto in Rsa, case di riposo o comunità per disabili. Il 22% dei contagi si è verificato in famiglia, segno che non abbiamo saputo isolare seriamente i positivi, e li abbiamo lasciati in casa a infettare i familiari. Ancora: il 9,9% in ospedale, il 3,7% sul luogo di lavoro, l’1,2% in crociera, lo 0,9% in comunità religiose, lo 0,1% in centri per rifugiati. Il restante 13,6% ha contratto il virus in altro modo: magari nei mezzi pubblici, al supermercato, o in incontri o assembramenti vietati con amici.

Come ci si è contagiati ad aprile (Istituto superiore di sanità)
Come ci si è contagiati ad aprile (Istituto superiore di sanità)
Come ci si è contagiati ad aprile (Istituto superiore di sanità)

***

- Coronavirus, gli aggiornamenti giorno per giorno in Sardegna

- Aggiornamenti di ora in ora in Italia e all'estero
© Riproduzione riservata